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Crisi libica

L’audace equilibrismo del Qatar

27 Apr 2011 - Roberto Iannuzzi - Roberto Iannuzzi

Piccolo ma ricchissimo emirato sulle sponde del Golfo Persico, il Qatar sta emergendo come un importante attore a sostegno delle politiche occidentali nella crisi libica. Ha contribuito in maniera determinante, insieme agli altri membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc), a convincere la Lega Araba ad appoggiare l’imposizione di una no-fly zone in Libia. Ė stato inoltre il primo paese arabo a riconoscere il Consiglio nazionale transitorio come legittimo rappresentante del popolo libico. Oggi partecipa attivamente alla missione militare, seppure con un apporto puramente simbolico in termini di uomini e mezzi: i suoi caccia di produzione francese contribuiscono alle operazioni militari contro le forze di Gheddafi, decollando dall’isola di Creta. Doha gioca dunque un ruolo di primo piano nel conflitto libico, in stretto coordinamento con Parigi, e con la benedizione di Washington.

Oltre a fornire assistenza umanitaria ai ribelli sotto forma di cibo e medicinali, il Qatar sta inoltre vendendo sul mercato petrolio libico proveniente dalle regioni sotto il controllo dei ribelli, e acquista carburante per conto di questi ultimi, con il tacito accordo di Washington. Libya TV, il nuovo canale televisivo attraverso il quale i ribelli (utilizzando un satellite francese) fanno sentire la propria voce, è anch’essa un dono del Qatar, e trasmette da Doha.

Asse con Parigi
Il Gruppo di contatto sulla Libia, la cui prossima riunione si svolgerà a Roma il 5 maggio, si è riunito per la prima volta proprio a Doha, in Qatar, il 13 aprile. In quell’occasione si è discusso anche della possibilità di fornire armi alle forze fedeli al Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, ma segretamente Doha stava già dotando i ribelli libici di armi anti-tank di fabbricazione francese. Del Gruppo di contatto fanno parte, oltre a 21 paesi, anche Onu, Nato, Ue, Lega Araba, Organizzazione della Conferenza islamica e Consiglio di Cooperazione del Golfo.

I rapporti tra il Qatar e la Francia hanno avuto un notevole impulso con l’ascesa al potere di Sarkozy nel 2007. Doha è un importante cliente dell’industria aeronautica e bellica francese, e le esportazioni francesi in Qatar superano il miliardo di euro l’anno. Dal canto suo, il piccolo emirato è riuscito a rafforzare la sua influenza diplomatica anche grazie all’amicizia con Parigi. È da notare inoltre che il fondo sovrano del Qatar possiede importanti quote di società francesi di rilevanza strategica.

La crisi libica ha segnato un nuovo punto di convergenza tra Doha e Parigi. Al-Jazeera, l’influente canale satellitare del Qatar, ha avuto un ruolo di primo piano nel sostegno alla causa dei ribelli libici e nella creazione di un clima internazionale favorevole a un intervento sancito dall’Onu.

Svolta con Washington
Il ruolo giocato dal Qatar in Libia sta anche contribuendo al rafforzamento dei rapporti con Washington, suggellato dalla visita dell’emiro Hamad bin Khalifa al-Thani alla Casa Bianca lo scorso 14 aprile, un’importante novità nella politica estera dell’emirato.

Sebbene il Qatar ospiti una gigantesca base aerea americana ad al-Udeid, a pochi chilometri da Doha, in questi anni il brillante emiro Hamad bin Khalifa non si è fatto scrupolo di opporsi alle politiche americane e israeliane in Medio Oriente, sia strizzando l’occhio alle posizioni panarabe del canale satellitare Al-Jazeera, sia impegnandosi in un’azione diplomatica in varie aree di crisi.

In occasione del conflitto israelo-libanese dell’estate del 2006, Doha prese le distanze da Arabia Saudita e Egitto, gli alleati arabi di Washington che avevano giustificato l’attacco israeliano. L’emiro del Qatar ha ospitato a Doha il leader di Hamas, Khaled Meshaal, e per anni ha permesso allo Sheikh Yusuf al-Qaradawi, uno dei più influenti rappresentanti religiosi dell’Islam sunnita, di condurre da Doha una notissima trasmissione su Al-Jazeera, malgrado le critiche di cui Qaradawi è stato ripetutamente oggetto negli Stati Uniti.

Il Qatar si è inoltre mostrato tradizionalmente aperto nei confronti dell’Iran. Nel 2007 le autorità del paese hanno anche invitato il presidente iraniano Ahmadinejad a prendere parte al vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo a Doha, malgrado l’aperta opposizione di Riyadh. Ma il rapporto amichevole con Teheran è dettato da ragioni strategiche: il Qatar condivide con l’Iran un gigantesco giacimento sottomarino di gas, che contribuisce in misura determinante all’ineguagliata ricchezza del piccolo emirato.

Pericoli del Golfo
Il Qatar è un paese di poco più di un milione e mezzo di abitanti, più di tre quarti dei quali sono lavoratori espatriati, provenienti dal Pakistan, dall’India e da altri paesi asiatici. L’emirato è il maggior esportatore mondiale di gas naturale liquefatto, ed vanta il Pil pro capite più elevato del mondo.

Questa enorme ricchezza ha permesso al Qatar di non subire i contraccolpi delle rivolte che stanno scuotendo la regione: sebbene Al-Jazeera sponsorizzi le forze democratiche nel resto del mondo arabo, l’emirato può permettersi di mantenere il controllo della scarsa popolazione residente attraverso sussidi e benefici economici. Un perfetto esempio di capitalismo autoritario.

La straordinaria ricchezza energetica dell’emirato lo espone anche alle mire dei due ingombranti vicini: Arabia Saudita e Iran. Di qui gli spregiudicati equilibrismi dell’emiro per evitare che il paese rimanga schiacciato politicamente ed economicamente.

La presenza della base aerea americana è la prima assicurazione sulla vita per l’emiro qatariota. La sua politica di buoni rapporti con potenze occidentali come gli Usa e la Francia, ma allo stesso tempo con l’Iran, la Siria e le altre forze del cosiddetto “asse della resistenza” araba, rappresenta la seconda garanzia per Doha, e un modo per tenere a bada l’ingombrante vicino saudita, con cui i rapporti non sono mai stati idilliaci.

Quando a metà marzo i sauditi, spaventati dalle rivolte e dalle proteste che li circondano da tutti i lati – in Egitto, nello Yemen, nell’Oman, in Giordania e in Siria – e soprattutto terrorizzati dalla sollevazione nel vicino Bahrein, situato a pochi chilometri dalle proprie coste, hanno deciso di inviare mille soldati per aiutare la monarchia Al-Khalifa che regna a Manama a soffocare la rivolta, il Qatar ha lasciato che le truppe saudite intervenissero, assieme a quelle dei vicini Emirati Arabi Uniti, sotto la bandiera del Gcc, di cui anche il Qatar fa parte.

L’intervento saudita in un paese come il Bahrein, la cui popolazione è in maggioranza sciita sebbene la monarchia al potere sia sunnita, ha tuttavia inasprito le tensioni settarie nel Golfo, deteriorando ulteriormente i rapporti di Riyadh con Teheran e con altri paesi a maggioranza sciita, come l’Iraq.

Di fronte all’attivismo politico saudita e alle crescenti tensioni nel Golfo, l’emiro del Qatar ha ritenuto prudente rinsaldare i rapporti con Washington. Una mossa in linea con l’audace funambolismo della sua politica estera, e forse obbligata negli equilibri sempre più instabili del Medioriente.

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