Tre scenari per la Libia
Vi sono momenti nelle crisi internazionali in cui un singolo errore può risultare tragico. All’inizio della crisi libica il governo italiano ha commesso non uno, bensì due di tali errori. Il primo è consistito nell’incapacità di scegliere se salvaguardare gli interessi oppure i valori coinvolti. Una lunga esitazione, che ha scontentato tanto il regime quanto i rivoltosi e ha messo a nudo, dinanzi all’opinione pubblica internazionale, una verità scomoda: fra la Libia e l’Italia hanno per lungo tempo prevalso interessi del tutto estranei ai valori dichiarati dell’Occidente.
Il secondo errore è stato l’ostinato rifiuto di rivedere le priorità della nostra politica, a dispetto del terremoto che sconvolgeva il consolidato assetto dell’intero Nord Africa rischiando di avere riflessi di notevole rilievo anche per la nostra economia ed il nostro territorio. Soltanto sotto l’impellente spinta della necessità sono stati poi adottati, con notevole ritardo, provvedimenti che avrebbero dovuto invece essere previsti e pianificati da tempo. Sono state altresì avviate, più o meno contemporaneamente, iniziative internazionali prive di adeguata preparazione.
Roma e Sagunto
Sul tema della ripartizione dell’onere dei rifugiati l’Italia è così riuscita ad incassare dall’Unione europea un “no” così netto da rendere difficili futuri ripensamenti. Al danno si è in tal modo sommata l’umiliazione del rifiuto dell’Unione del nostro appello alla solidarietà, che era invece più che motivato.
Nel frattempo la crisi è andata avanti, procedendo con il ritmo accelerato, anche se incostante, tipico di sommovimenti politici di questo tipo. Per l’Italia è dunque diventato vitale cercare di muoversi in assonanza con gli eventi, precedendoli laddove possibile. Non era riferita all’Italia nel corso di un’altra crisi dell’area mediterranea, la frase “mentre a Roma si discute, Sagunto cade”?
Seguire ed essere pronti vuol dire “conoscere“,” comprendere” e “prevedere”. Tutte e tre attività obiettivamente non facili.
Quadro complesso
La difficoltà di “conoscere” come realmente stiano le cose l’abbiamo vissuta tutti in questi giorni. Non sappiamo quale sia la reale situazione sul terreno. Non sappiamo quali siano le forze di cui dispongono i contendenti. Non sappiamo con sicurezza chi li appoggi, in quale forma e in quale misura. Intuiamo dietro ai ribelli un agitarsi di servizi segreti occidentali, specie anglosassoni, ma non abbiamo idea del loro reale livello di coinvolgimento. Sappiamo che buona parte dei paesi dell’Africa nera appoggiano ancora il Colonnello Gheddafi e ci chiediamo quanto ciò si traduca e si tradurrà in futuro in un flusso di uomini, armi, denaro.
Per chiarirci le idee disponiamo solo di ciò che giunge attraverso la stampa, ma mai come questa volta l’intera stampa occidentale ci ha dato una visione a senso unico, e per di più molto manichea, dei fatti e delle prospettive. Di qua il bene, e ciò suona un poco assurdo visto che non sappiamo neanche con precisione quali forze si disputino il potere in Cirenaica. Di là il male, e questo è un po’ meno assurdo, anche se viene voglia di chiedersi come mai il Colonnello, se è veramente il male, potesse ricoprire fino a ieri la funzione di Presidente dell’Unione Africana o venisse ricevuto a Roma con tutti gli onori a dispetto di ogni sua eccentricità.
“Comprendere” vuol dire essere in condizione di vedere e valutare una realtà così come essa è: una valutazione dal didentro, quindi, e non una valutazione dal di fuori . Chi di noi è in condizione di compierla nel caso libico? Chi conosce gli intrecci di parentele, tribù, clan, gruppi di potere, odi pregressi, amicizie ed alleanze che costituiscono la tessitura di un’area in cui il tempo si è fermato a centinaia di anni fa e ove lo Stato esiste soltanto come strumento per trattare con un Occidente incapace di immaginare rapporti internazionali che esulino dal ristretto schema del rapporto fra Stati sovrani.
Forse gli unici che in Italia sarebbero in grado di muoversi in un simile ginepraio sono quegli uomini dell’Eni che al deserto della Libia hanno dedicato buona parte della loro vita. Ma l’Eni giustamente in questo momento tace, ben conscia di come il silenzio sia ora per lei l’atteggiamento migliore.
Tre scenari
“Prevedere” richiede infine l’individuazione dei possibili scenari futuri, e in questo caso forse qualcosa si può fare. La crisi infatti ha già assunto un andamento tale da consentirci di individuare tre esiti possibili.
Il primo è la cosiddetta “somalizzazione “ della Libia, vale a dire un frazionamento del potere e del controllo delle aree tale da ridurre il paese ad una condizione di vera e propria anarchia. Nessuno realmente al comando e tutti contro tutti. Si tratta dell’esito più temuto e di cui nessuno beneficerebbe: né il Colonnello, né i rivoltosi, né i vari protagonisti della scena internazionale. Ė un’ipotesi improbabile, poiché tutti si daranno da fare per evitarla, anche se non la si può scartare del tutto.
Il secondo consiste nella divisione del paese in due: Cirenaica da un lato, Tripolitania dall’altro, con il Fezzan equamente suddiviso. Niente di nuovo sotto il sole in questo caso. In fondo anche nei tempi antichi la Cirenaica era greca e la Tripolitania cartaginese. Ci siamo voluti noi italiani e la nostra invasione del 1911 per dare una unità artificiale a ciò che era sempre stato diviso e per creare uno stato unitario che prima non era mai esistito. Considerato quanto per il momento si riesce a comprendere questa appare come la soluzione più probabile nel medio termine. Anche Gheddafi sembra averlo compreso e limita per il momento al territorio della Tripolitania le sue controffensive.
Il terzo consiste nel trionfo definitivo di una delle due parti e nella sopravvivenza della Libia come stato unitario. Una soluzione che almeno nell’immediato appare improbabile, in quanto nessuno dei due contendenti sembra disporre della forza necessaria per realizzarla. Da un lato, infatti, la rivoluzione sembra avere esaurito la propria spinta iniziale: quando questo accade, la parabola tende spesso a diventare discendente. In simili condizioni, se i rivoltosi riusciranno a progredire, sarà più per impulso ed aiuto esterno che per forza propria. Dall’altro lato, poi, Gheddafi ha certamente bisogno di un intervallo di calma relativa per riorganizzare e valutare le forze che gli restano prima di programmare nuove avventure in un territorio che gli è profondamente ostile.
Frazionamento e riunificazione
In definitiva è probabile che nel medio termine si abbia un frazionamento del paese, cui potrebbe far seguito – a scadenza più lontana – una nuova riunificazione. In tal caso, considerata la situazione di sostanziale parità e di stallo dei due contendenti interni, la differenza la farà il supporto esterno. Ė questo un punto che l’Italia dovrà tenere ben presente, se non altro per evitare di perdere definitivamente ogni influenza nell’area e di vedere di conseguenza diminuire di valore i propri investimenti. Ovviamente valutando con cura ogni proposta ed evitando di aderire ad azioni di forza che risultino premature o sproporzionate o che rischino di assumere quelle connotazioni neo-colonialistiche che nel caso specifico sono assolutamente da evitare.
Esiste oltretutto, almeno questa volta, la possibilità di coltivare interessi che siano in linea con i valori, senza essere per di più obbligati ad assistere o partecipare a esibizioni più o meno circensi. Non è poco!
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