L’Egitto e l’incognita dei Fratelli musulmani
Gli eventi del Cairo suscitano numerosi dubbi sul futuro dell’Egitto; se le proteste dovessero portare alla fine di Mubarak, quali forze assumerebbero la guida del paese? In Europa come negli Stati Uniti la maggiore preoccupazione è legata alla possibile ascesa dell’islamismo; i Fratelli musulmani sembrano infatti la forza di opposizione più forte e strutturata e, secondo diversi osservatori, qualora in Egitto si svolgessero elezioni libere e trasparenti, sarebbero proprio i Fratelli musulmani ad affermarsi come prima forza politica del paese.
Ma fino a che punto la Fratellanza è in grado di influenzare gli eventi e dettare l’agenda politica dell’Egitto post-Mubarak?
Un’attenta analisi del movimento islamico, delle sue dinamiche interne e dei suoi rapporti con il potere, rivela un quadro decisamente complesso. I Fratelli musulmani sono sì la principale forza di opposizione in Egitto, ma hanno generalmente mantenuto un comportamento accomodante nei confronti del regime. Questa strategia gli ha permesso a fasi alterne di avere un ruolo di un certo peso nella vita sociale e politica del paese, ma li ha anche privati della capacità di iniziativa politica e li ha portati a una logorante compromissione con il governo.
Tolleranza e repressione
Tradizionalmente la Fratellanza ha evitato una contrapposizione diretta con il regime. Secondo i principi fondamentali della Fratellanza, la conquista del potere deve essere perseguita solo quando le condizioni lo permettano, quando cioè la società sia stata islamizzata e sia pronta per un governo islamico. Altrimenti la ricerca del potere non condurrebbe a uno Stato islamico e condizionerebbe negativamente sia il funzionamento interno della Fratellanza, sia la sua immagine pubblica. Questa concezione strategica è sempre stata dominante all’interno del movimento, soprattutto dopo la riorganizzazione degli anni ’70 e ’80.
Da parte sua il potere egiziano non ha mai permesso la legalizzazione dell’organizzazione islamica e ha periodicamente limitato le sue attività politiche e sociali. Contemporaneamente il governo si è però avvalso dell’atteggiamento compromissorio della Fratellanza e del suo programma socialmente conservatore per emarginare l’opposizione laica. Ė stata permessa solo una forma controllata di opposizione popolare, che non ha mai minacciato seriamente il regime e la cui esistenza ha anzi contribuito a dargli leggitimità.
Tale politica ha raggiunto la sua massima espressione durante il primo decennio della presidenza Mubarak (1981-1990), durante il quale la Fratellanza ha raggiunto il più alto livello di influenza sulla società egiziana dagli anni ’30 e ’40. Negli anni ottanta il movimento ha partecipato alle elezioni parlamentari e ha vinto le elezioni per gli organi rappresentativi delle associazioni professionali. Sempre in questo periodo la Fratellanza ha rinvigorito il suo ruolo sociale, con la creazione di un’efficiente rete di organismi di assistenza legati alle moschee private (ahly).
Negli anni ’90 la convergenza tra la Fratellanza e il regime si è interrotta. In questo periodo la presenza del movimento nel Parlamento e nelle associazioni professionali è stata fortemente limitata, mentre migliaia di suoi membri venivano imprigionati. Tuttavia la Fratellanza non è stata eliminata completamente dalla scena politica ed è rimasta la prima forza di opposizione. In fin dei conti, il governo non intendeva eliminare la Fratellanza dalla scena politica, quanto piuttosto ridurne l’influenza e tenerla sotto controllo.
Incertezze e divisioni
Nell’ultimo decennio i rapporti tra il regime e la Fratellanza hanno vissuto varie oscillazioni. In occasione delle elezioni presidenziali del 2005, i Fratelli musulmani hanno biasimato come mera operazione di facciata l’ammissione nella competizione elettorale, per la prima volta nella storia egiziana, di più candidati, ma hanno poi evitato il boicottaggio delle elezioni. La Fratellanza ha anzi invitato i propri simpatizzanti a votare secondo coscienza, un gesto che molti hanno interpretato come un tacito sostegno a Mubarak.
Nelle successive elezioni parlamentari dello stesso anno, la Fratellanza ha ottenuto il 20% delle preferenze, un risultato senza precedenti, che non sarebbe stato possibile senza la tolleranza mostrata dal governo durante la campagna elettorale. Ma probabilmente il successo della Fratellanza ha sorpreso lo stesso governo, che di fronte alle dimensioni del risultato ottenuto dagli islamisti ha inaugurato una nuova fase di repressione.
Da parte sua la Fratellanza ha continuato ad oscillare tra opposizione e compromesso con le autorità. Mentre garantiva una certa tolleranza da parte del governo, questo atteggiamento ha indebolito la credibilità del movimento come forza di opposizione e l’iniziativa politica è stata assunta da altre forze di opposizione, come il Partito del domani (al-Ghad) o il Movimento egiziano per il cambiamento: formazioni dotate di minore seguito, ma più determinate nella redazione di un’agenda politica di opposizione. È significativo, in tal senso, che la Fratellanza si sia spesso associata a iniziative assunte da altri, offrendo la propria capacità di mobilitazione, ma rendendo contemporaneamente evidenti i suoi limiti programmatici.
Il progressivo indebolimento del movimento ne ha inoltre aggravato le divisioni interne. La Fratellanza non è più un movimento politico coerente, ma piuttosto la somma di varie tendenze politiche, accomunate dalla necessità di far fronte alla repressione governativa. Qualora il contesto politico si aprisse, permettendo sostanziali spazi di libertà, le varie componenti che convivono nel movimento avrebbero meno ragioni per restare unite e darebbero vita probabilmente a diverse organizzazioni politiche.
Futuro incerto
La difficoltà della Fratellanza nel definire una linea politica coerente si è palesata ancora in occasione delle elezioni parlamentari del 2010. Inizialmente la Fratellanza ha rifiutato l’invito al boicottaggio di altri gruppi di opposizione, ma dopo il pessimo risultato ottenuto nel primo turno ha optato per il boicottaggio del secondo turno. Inoltre, prima che esplodessero le proteste di piazza, i Fratelli musulmani si erano perfino mostrati possibilisti sulla rielezione di Mubarak e sulla candidatura di suo figlio Gamal.
Dopo quaranta anni di coesistenza con il regime, lo stato di salute del movimento islamico è tutt’altro che ottimale. La Fratellanza è indebolita dalla mancanza di coerenza programmatica e dalle divisioni interne; essa non è riuscita né a elaborare un’agenda politica originale né a svolgere un ruolo determinante nell’arena politica.
Perfino le attività di assistenza sociale, che larga parte hanno avuto nell’ascesa del movimento, si sono drasticamente ridotte. Nell’ultimo periodo il movimento islamico si è spesso limitato a reagire alle iniziative del governo o degli altri gruppi di opposizione, che pur essendo deboli hanno una maggiore capacità di iniziativa.
Si può dunque ritenere che i timori di quanti vedono nella fine di Mubarak l’anticamera della costituzione di una Repubblica islamica in Egitto, non tengono sufficientemente in conto il ridotto potenziale dei Fratelli musulmani.
Dopo essere a lungo stata la prima forza di opposizione, la Fratellanza sta ora pagando la sua disponibilità al compromesso. Se infatti, da un lato, la principale ragione della debolezza del movimento va individuata nelle politiche repressive di Mubarak, dall’altro la tendenza ad adattarsi ai limiti imposti e a cercare un modus vivendi con le autorità si è, alla lunga, rivelata fatale per la capacità dei Fratelli musulmani di sviluppare una linea d’azione coerente. Sarà dunque difficile, che questo movimento riesca a dettare l’agenda politica dell’ Egitto post-Mubarak.
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Questo articolo è tratto dal working paper Iai: Is There an Islamist Alternative in Egypt?, di Daniela Pioppi.