IAI
La proposta dell'Ecfr

Un triangolo Ue-Russia-Turchia per la sicurezza europea?

29 Dic 2010 - Alessandro Marrone - Alessandro Marrone

Nell’affrontare i problemi della sicurezza europea, l’Ue deve necessariamente fare i conti con le proposte e le iniziative degli altri attori con un ruolo rilevante nel contesto continentale. Recentemente hanno destato grande interesse, in particolare, l’attivismo diplomatico turco e la proposta russa di una nuova architettura di sicurezza per l’Europa. C’è anzi chi ritiene che stia emergendo in Europa una struttura tripolare basata su Ue, Russia e Turchia. Se è così, come deve agire l’Unione per rafforzare sicurezza e stabilità nel Vecchio Continente? Un interessante contributo al dibattito è fornito dal recente studio dello European Council of Foreign Relations (Ecfr) “The Spectre of a Multipolar Europe”.

L’illusione di un mondo post-moderno
Uno dei punti di forza dello studio dell’Ecfr è la critica all’illusione che, nel nuovo mondo multipolare, possa affermarsi più facilmente la visione europea della sicurezza, basata su concetti quali l’interdipendenza, la condivisione della sovranità all’interno di istituzioni internazionali, il multilateralismo, e il soft power. Si è passati dall’unipolarismo americano al multipolarismo, ma i vecchi e nuovi “poli” – Stati Uniti, Russia, Cina, o magari Turchia e Brasile – continuano a concepire la sicurezza per lo più in termini di sovranità nazionale, sfere di influenza, hard power. Quest’ultimo viene al massimo affiancato, non certo sostituito, dal soft power.

La visione post-moderna dell’Ue sembra insomma trovare scarso riscontro in un mondo multipolare che rimane sostanzialmente moderno anche nell’era della globalizzazione. Né il continente europeo fa eccezione. La politica della Russia, ad esempio, verso Georgia ed Ucraina, è chiaramente rivolta al consolidamento di una sfera di influenza negli stati confinanti, per bilanciare l’allargamento dell’Ue e della Nato. Allo stesso modo, la Turchia ha sviluppato negli ultimi anni una politica verso i propri vicini, dall’Iran alla Bosnia, più autonoma, non riconducibile alle direttrici tradizionali della sua proiezione esterna, l’appartenenza alla Nato e l’integrazione nell’Ue.

Prendere atto di questa situazione è un buon punto di partenza per un’analisi realistica del ruolo dell’Ue. Lo studio Ecfr si basa però sull’assunto che l’Ue costituisca già ora un “polo” del sistema europeo, cioè un attore assimilabile, per unità di intenti e capacità di azione esterna, a due stati come Russia e Turchia. Tale assunto è discutibile: la politica estera e di sicurezza dell’Ue è ancora, in gran parte, un processo in fieri, nel quale competenze e istituzioni sovranazionali – come l’Alto rappresentante, l’Agenzia europea di difesa, il Servizio europeo di azione esterna – convivono con l’azione autonoma dei governi nazionali. L’accordo Cameron-Sarkozy sulla politica di difesa è solo l’esempio più recente di quanto contino ancora i rapporti bilaterali che si sviluppano al di fuori del contesto istituzionale dell’Ue.

Pregi di un dialogo tra Ue, Russia e Turchia
La peculiarità dell’Ue va tenuta presente anche quando dall’analisi si passa alle proposte per dare basi stabili alla cooperazione con Russia e Turchia sulle questioni di sicurezza. Lo studio Ecfr propone l’avvio di un dialogo regolare, ancorché informale, tra Ue, Russia e Turchia su tutti i temi che riguardano la sicurezza paneuropea, a partire dai “conflitti congelati” in Caucaso ed Europa orientale e dalla sicurezza energetica. Germania e Russia avevano già proposto un analogo dialogo tra Ue e Federazione Russa, ma lo studio Ecfr propone appunto che vi si includa anche la Turchia e che rappresentanti di altri stati europei o di organizzazioni come la Nato possano essere invitati a seconda dei temi discussi.

Nell’agenda di questo dialogo triangolare, di volta in volta allargabile ad altri attori, dovrebbe innanzitutto figurare la progressiva eliminazione dei focolai di crisi nel Caucaso, in Transnistria e nei Balcani occidentali. Per ogni situazione conflittuale si dovrebbe elaborare uno specifico piano di azione. Se questo processo desse frutti, il passo successivo sarebbe la negoziazione di un trattato di sicurezza paneuropea.

Il percorso suggerito dallo studio Ecfr ha un doppio pregio: prende la palla al balzo della proposta Medvedev per una nuova architettura di sicurezza in Europa, e porta la discussione dal piano astratto della negoziazione di un ambizioso trattato a quello concreto della cooperazione pratica sui focolai di crisi. Ogni situazione conflittuale ha una dinamica sua propria, ma tutte potrebbero risolversi più facilmente, se le potenze regionali europee usassero congiuntamente la loro influenza.

Se portasse alla definizione di una piattaforma condivisa per la gestione delle crisi e dei contrasti di interesse, un regolare dialogo a tre potrebbe inoltre contribuire a ridurre il rischio di cambiamenti repentini della politica estera di Russia e Turchia. Offrirebbe anche un terzo vantaggio: non ci sarebbe bisogno di creare l’ennesima organizzazione, che duplicherebbe inevitabilmente, per un verso o per l’altro, quelle esistenti. Se, come ipotizzato dall’Ecfr, il triangolo fosse flessibile e inclusivo, ci sarebbe spazio, per esempio, per una cooperazione con la Nato.

Il carro davanti ai buoi
Un percorso del genere presenta però un vizio logico, che scaturisce da un problema reale. Lo studio afferma che il dialogo trilaterale di sicurezza spingerebbe l’Ue a dotarsi di una strategia di sicurezza condivisa. È piuttosto vero il contrario: l’elaborazione di una strategia di politica estera e di sicurezza è per l’Ue una pre-condizione per un efficace dialogo con interlocutori come la Russia e la Turchia, i cui vertici politico-istituzionali perseguono una strategia che risponde a determinati interessi nazionali.

Come può l’Ue formulare proposte sulla soluzione delle crisi in Caucaso se mancano dei punti fermi per una politica comune verso la Russia? Cosa succederebbe se, caso tutt’altro che improbabile, una proposta russa o turca dividesse la delegazione europea perché alcuni paesi dell’Ue la approvano e altri no? A quel punto il dialogo invece di rafforzare il ruolo dell’Unione ne segnerebbe piuttosto la crisi. Iniziare questo processo senza una chiara e definita piattaforma negoziale, una lista di priorità, una serie di linee rosse da non oltrepassare, equivarrebbe a mettere il carro davanti ai buoi. Non ci si può aspettare che la sola prospettiva di un dialogo con le controparti porti a un chiarimento interno all’Ue.

Elaborazione strategica
Secondo lo studio, le élite dei paesi Ue hanno opinioni sempre più convergenti sulle minacce alla sicurezza nazionale e sulle politiche per farvi fronte. Se ciò è vero, è allora opportuno lavorare all’elaborazione di una nuova Strategia di Sicurezza Europea (Ess), che ridefinisca interessi e obiettivi comuni alla luce dei grandi cambiamenti intervenuti da quando nel 2003 l’Ue elaborò l’attuale Ess. Importanti paesi europei come Francia e Gran Bretagna hanno tenuto conto di tali cambiamenti nella recente revisione delle loro strategie.

Se una revisione strategica del genere avesse successo, darebbe impulso alla politica estera e di sicurezza dell’Unione, e permetterebbe di avviare un dialogo a tre con Russia e Turchia non votato sin dall’inizio al fallimento. Se invece lo sforzo di elaborazione strategica naufragasse, l’assenza di un dialogo di sicurezza paneuropeo sarebbe l’ultimo dei problemi dell’Ue.

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Vedi anche:

A. Marrone: Doppio binario con Mosca

Analisi di ricercatori IAI sulla politica estera della Turchia

C. Merlini: Usa ed Europa di fronte al nuovo corso della Turchia