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Ratificato il nuovo Start

Il Senato Usa rilancia il disarmo nucleare

27 Dic 2010 - Carlo Trezza - Carlo Trezza

Dopo un lungo braccio di ferro tra l’amministrazione e un’opposizione repubblicana imbaldanzitasi dopo le elezioni di metà mandato (midterm), il Trattato strategico “Nuovo Start” è stato finalmente ratificato dal Senato americano. Per le circostanze in cui il dibattito si è svolto, la ratifica ha acquistato soprattutto una valenza di politica interna, indicativa del rapporto di forze emerso nel nuovo assetto istituzionale. Ma le implicazioni sono anzitutto di natura strategica.

Un processo che riparte
Si tratta del primo accordo di riduzioni strategiche dopo un lungo periodo di stasi. Risale ad otto anni fa l’ultimo accordo strategico Sort (Strategic Offensive Arms Reduction Treaty) tra russi e americani. Il Sort fu peraltro un successo parziale poiché per le residue testate strategiche schierate – tra 1.700 e 2.200 – non era contemplata alcuna specifica verifica. Sino al dicembre del 2009 erano rimaste in vigore le procedure di ispezione ereditate dall’accordo Start I. Dopo il decadimento di quest’ultimo, si è prodotto un singolare vuoto giuridico nel regime delle ispezioni strategiche – uno strumento essenziale per mantenere la fiducia tra le parti – che perdurerà sino all’entrata in vigore del nuovo trattato.

Il “nuovo Start” prevede anzitutto un’ulteriore riduzione degli arsenali (il tetto sarà di 1.500 testate); ancora più importanti sono le riduzioni dei vettori (missili intercontinentali e bombardieri strategici): il loro numero dovrebbe essere più che dimezzato passando da 1.600 a circa 700. Il nuovo regime ispettivo appare rispondere alle ridotte dimensioni degli arsenali.

Il Trattato si inserisce nel più ampio ed ambizioso progetto annunciato dal Presidente americano nello storico discorso di Praga dell’aprile 2009 in cui egli rilanciò l’impegno degli Stati Uniti nel campo del controllo degli armamenti e della non-proliferazione. In questa azione egli si trova in sintonia con il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon, anch’egli fortemente impegnato nel processo di riduzione degli armamenti.

Altri passi avanti
Tra i risultati già raggiunti va annoverata anzitutto la positiva conclusione nel maggio scorso della Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) ottenuta anche grazie all’apporto costruttivo della delegazione americana. Il mese precedente a Washington era stato lanciato un processo plurinazionale volto a rafforzare la sicurezza degli impianti e del materiale nucleare civile e militare. Esso consentirà di affrontare in un contesto di maggiore sicurezza quel “rinascimento” dell’energia nucleare da molti preconizzato e che dovrebbe condurre ad un sensibile incremento del numero delle centrali nucleari civili e dei paesi in grado di installarle.

Anche la nuova “nuclear posture” americana, annunciata alla vigilia della Conferenza sul Tnp, contiene alcuni spunti innovativi: in particolare un’accresciuta prudenza nell’impiego e nella minaccia dell’impiego dell’arma nucleare. Nonostante alcune critiche, i risultati in questo campo sono in realtà già alquanto significativi se si hanno a mente i tempi lunghi di questi processi e le difficoltà a mobilitare il consenso internazionale su temi così complessi e controversi.

Lacune da colmare
Resta ancora molto da fare. Tra gli obiettivi da raggiungere vi è anzitutto la ratifica americana del Trattato Ctbt (Comprehensive Test Ban Treaty) che proibisce gli esperimenti nucleari. Deve inoltre ancora iniziare a Ginevra il negoziato Fmct che metterebbe al bando la produzione del materiale fissile necessario per costruire le bombe nucleari. Mentre i sistemi strategici a lunga gittata vengono sottoposti alla nuova intesa Start e quelli a raggio intermedio sono già totalmente proibiti ai russi e agli americani, sfuggono ancora ad ogni disciplina giuridicamente vincolante le cosiddette armi nucleari non strategiche. Si tratta di armamenti a corta gittata, numerosi e problematici sotto il profilo della sicurezza e della sorveglianza che interessano in particolare l’area europea. Russia e Stati Uniti posseggono a tutt’oggi oltre il 90% delle testate esistenti; è naturale che da loro ci si aspettino le maggiori riduzioni prima di allargare l’esercizio agli altri paesi nucleari.

Affinché il Nuovo Start entri in vigore è evidentemente necessario che esso sia ratificato anche dalla Russia. A suo tempo Mosca aveva ratificato il trattato che proibisce gli esperimenti nucleari senza attendere che altrettanto facessero gli americani. Questa volta ha preferito aspettare. Una ratifica affrettata avrebbe forse potuto essere controproducente.

Vi è ancora un bel cammino da fare per realizzare il programma preannunciato dal presidente Obama. Gli Stati Uniti non sono l’unico paese a non aver aderito al trattato che proibisce gli esperimenti. Mancano all’appello, tra gli altri, Cina, India, Israele e Pakistan e anche l’Iran il quale, se aderisse a tale trattato, potrebbe rendere più credibile la sua dichiarata posizione di non mirare all’arma nucleare. Se la Corea del Nord vi avesse aderito, non avrebbe potuto procedere alle due detonazioni nucleari effettuate negli ultimi anni.

Il nuovo Start è sostenuto dall’insieme della comunità internazionale ed in particolare dall’Europa. È significativo che in concomitanza con il dibattito americano, tutti i ministri degli Esteri dell’Unione Europea, che pure in materia nucleare non hanno sempre posizioni identiche, abbiano unanimemente sottoscritto un accorato appello a favore della ratifica del Trattato. È un trattato che contribuisce decisamente a creare le condizioni per un mondo privo di armi nucleari, un obiettivo condiviso oggi dalla stragrande maggioranza degli Stati.

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Vedi anche:

C. Trezza: Il tabù nucleare si rafforza dopo la svolta di Obama

S. Silvestri: L’opzione zero di Obama e il futuro della dissuasione nucleare

N. Ronzitti: Armi nucleari americane in Italia: che fare?

E. Greco: La stella polare dell’opzione zero