La Nato a Lisbona ripensa se stessa
La vigilia del 24° summit Nato (Lisbona, 19 e 20 novembre) è ricca di incontri, di eventi e di interventi, cui il Segretario Generale Anders Fogh Rasmussen non intende affatto sottrarsi. Nelle ultime settimane la sua attività esterna è stata davvero notevole. Così, il 3 novembre lo troviamo a Mosca, dove incontra la stampa per riferire sull’incontro con il presidente Dmitry Medvedev e il ministro degli esteri Sergey Lavrov, il giorno successivo è a Londra, dove incontra il primo ministro David Cameron, mentre nei giorni precedenti aveva già incontrato numerosi capi di stato o di governo.
Base comune per le discussioni è il nuovo Concetto Strategico, con digressioni sul futuro del rapporto Nato-Russia, da trasformarsi in una collaborazione di importanza strategica, la sicurezza comune (lotta al terrorismo), le nuove capacità da conseguire nella difesa contro gli attacchi cibernetici e in quella antimissile, la predisposizione dell’Alleanza a fronteggiare le sfide del futuro e, non ultimo, lo spinoso tema della non proliferazione. Altre conferenze e seminari di sensibilizzazione si erano già tenute in varie sedi alleate, Roma compresa.
Il piatto forte del Vertice
Sull’approvazione del Concetto, che proprio a Lisbona verrà reso pubblico, non sono quindi attese sorprese, essendo la bozza già da qualche tempo in circolazione tra le capitali. Pur senza suspense, questa firma resta comunque il piatto forte del vertice. La riformulazione del Concetto Strategico, sebbene se ne discuta in ogni occasione, non è infatti evento frequente nella storia della Nato. Era accaduto nel 1952, nel 1967, nel 1991 dopo la caduta del muro e, da ultimo, nel 1999, quando si era in piena guerra del Kosovo, ma ben lontani dall’evento catastrofico dell’11 settembre 2001, che ha davvero “cambiato tutto”. Ma il Concetto Strategico dell’Alleanza, almeno formalmente, era rimasto immutato.
Oggi, i tempi del cambiamento sono più che maturi. Bisogna dare atto a Rasmussen, che nella stesura del documento sembra aver posto grande impegno personale, di essere riuscito a condurre a termine il lavoro in tempi non usuali per la farraginosa burocrazia della Nato, dove il consenso continua ad essere legge suprema. Già nel 2007 il suo predecessore, Jaap de Hoop Scheffer, argomentando che le operazioni in corso in Afghanistan e, ancora prima, nei Balcani, avevano insegnato molto sulla sicurezza nel XXI secolo, asseriva che era indispensabile “…farne tesoro in un documento guida, che poi fosse applicabile nella pratica…”.
Ma nulla è facile, e alcuni paesi avevano mostrato dubbi sulle conseguenze del cambiamento, mentre altri, che nutrivano gli stessi timori paventando nuove avventure, si erano affrettati a dichiararsi paghi del comprehensive approach già varato al vertice di Riga nel 2006. Solo il cancelliere tedesco Angela Merkel si era pronunciata apertamente in favore di una rapida predisposizione del nuovo documento-guida, da approvarsi possibilmente già nel vertice di Strasburgo-Kehl del 2008. Rasmussen prendeva la palla al balzo, rilanciava immediatamente e l’incarico di elaborare le prime linee del progetto veniva affidato a un comitato di “dodici saggi”, fra cui il nostro ambasciatore Giancarlo Aragona, presieduto dall’ex Segretario di Stato americano Madeleine K. Albright. Le analisi, e le conseguenti raccomandazioni, venivano puntualmente consegnate al North Atlantic Council (Nac ) il 17 maggio di quest’anno.
Un problema spinoso per i “dodici Saggi”
“Era davvero necessario cambiare?”, è una delle domande più frequenti. Il Concetto del 1991, il primo dell’epoca post Guerra Fredda, manteneva al centro la sicurezza degli stati membri, combinandola però con la necessità di espanderla a tutta l’Europa e, in forma di partenariati e di cooperazioni, ai paesi europei già membri del Patto di Varsavia. Il documento del 1999, che è quello tuttora in vigore e rappresenta solo un adattamento del precedente, è caratterizzato da un più ampio approccio al concetto di sicurezza, comprendendone i fattori politici, economici e sociali, da un forte impegno transatlantico, da un migliore livello di capacità militari, da una capacità – prima non prevista – di gestire le crisi, dall’allargamento dell’Alleanza (politica delle porte aperte) e da uno sforzo continuo verso un maggior controllo degli armamenti, il disarmo e gli accordi di non proliferazione.
Dopo l’11 settembre, tutto ciò non è più ritenuto sufficiente. Situazioni del tipo Afghanistan – area lontana dai limiti del mandato – richiedono un consenso pieno e convinto da parte di tutti i membri, i quali prima vogliono veder legittimato dal Concetto Strategico – oggi non è così – l’uso della forza militare in operazioni che, almeno formalmente, apparirebbero al di fuori dello spirito dell’articolo 5. Occorre superarne, quindi, l’interpretazione letterale. Questo era stato un punto controverso già durante la stesura del concetto del 1999, e tale è rimasto, mentre l’invocazione dell’art. 5 per la difesa collettiva, votata all’unanimità dopo l’11 settembre, da sola non è più ritenuta sufficiente. Va in qualche modo formalizzata nel nuovo Concetto. Attenzione specifica richiedono poi i rapporti Nato-Ue, per attenuare il dualismo che, salvo la “correzione” di Obama, vede l’America affermare di essere in guerra (contro il terrorismo), mentre il documento sulla European Security Strategy del 2003 inizia con l’affermare che “…l’Europa non è mai stata così prospera, libera e sicura”.
In definitiva, il Concetto Strategico che verrà approvato a Lisbona non dovrebbe discostarsi più di tanto dal rapporto dei 12 Saggi. In termini generali, verrà riaffermato il concetto fondante della difesa collettiva, esteso alla mutua protezione contro gli attacchi terroristici di ogni tipo (cibernetici, attentati terroristici, armi di distruzione di massa, fonti energetiche, ecc.). Saranno poi stabilite delle linee-guida per le operazioni al di fuori dei confini dell’Alleanza, verrà ribadita la strategia per l’Afghanistan, ivi incluso il comprehensive approach civile e militare, e si darà enfasi all’esigenza delle consultazioni per prevenire e gestire le crisi. Troveranno sicuramente ampio spazio le relazioni Nato-Russia e quelle per la costruzione di un rapporto Euro-Atlantico più chiaro e stabile, assieme alla conferma di un nucleare affidabile, di un’efficace difesa missilistica e del mantenimento della politica delle “porte aperte” per quanto riguarda l’allargamento a nuovi membri.
Nulla di tutto ciò è davvero nuovo, e resta forte l’impressione che la funzione di questo vertice di Lisbona e del nuovo Concetto Strategico sia quella di “legittimare” le realtà, le prassi e le procedure non scritte attualmente in uso, piuttosto che di innovarle davvero.
Vedi anche:
R. Zadra: Difesa antimissile, è il tempo della scelta
A. Marrone: La Nato guarda al futuro
R. Alcaro: La Nato alla ricerca di una nuova strategia