Esportazioni militari, si cambia guardando all’Europa
Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato il disegno di legge delega sulla riforma del sistema di controllo delle esportazioni militari. Non è che il primo passo di un percorso volto a modernizzare e rendere più efficiente questo settore, favorendone l’integrazione in un comune “sistema europeo” delle esportazioni militari che dovrebbe diventare operativo nel luglio 2012. Se però anche questa volta, come già in passato, non verranno rispettati i tempi per l’approvazione della riforma, ne risulteranno penalizzate soprattutto le imprese italiane che hanno maggiormente puntato sulla partecipazione a prodotti europei.
Scadenze europee
Dopo l’approvazione del disegno di legge da parte del Parlamento, sarà necessaria l’emanazione di uno o più decreti legislativi (anch’essi sottoposti al vaglio parlamentare), dei relativi regolamenti esecutivi e di funzionamento, oltre che di circolari applicative. Questi passaggi devono essere completati entro la fine di giugno del prossimo anno, se si vogliono rispettare le scadenze fissate dalla Direttiva europea n. 43 del 2009 sui trasferimenti intra-comunitari. Poi ci sarà un anno per procedere alla “certificazione” delle maggiori imprese che potranno così essere facilitate nelle attività svolte all’interno del territorio dell’Unione Europea.
Dal luglio 2012 il “sistema europeo” diventerà operativo e i paesi o le imprese che non ne faranno parte, non godranno di alcuna facilitazione e semplificazione. Un eventuale ritardo danneggerebbe non soltanto le imprese italiane che realizzano prodotti a forte componente europea, ma l’intero settore, perché la riforma si muove in due direzioni: attuare gli impegni internazionali assunti dall’Italia e rendere più efficiente il sistema di controllo, semplificandone l’organizzazione e le procedure.
Sul primo fronte, quello dell’attuazione degli impegni internazionali, oltre la Direttiva 43, devono ancora essere recepite nella legislazione italiana: la Posizione Comune dell’Ue del 2003 sul controllo dell’intermediazione nel campo delle armi; la Posizione Comune dell’Ue del 2008 sul controllo delle esportazioni verso paesi extra-europei (già rispettata nei fatti, come adesione al Codice di Condotta per le esportazioni europee stabilito nel 1998, ma non codificata); la modifica dell’articolo 16 dell’Accordo Quadro che introduce una specifica licenza per movimentare i componenti militari fra i sei principali Paesi europei che vi aderiscono. Soprattutto nel primo caso, si tratta di un ritardo ingiustificabile che riguarda gli ultimi tre governi e legislature. Oltre a porre un problema etico, l’inadempienza ha provocato inutili difficoltà alle imprese transnazionali, perché ha impedito la gestione di contratti che coinvolgessero più di una sussidiaria nazionale.
Semplificazione e flessibilità
Sul fronte della semplificazione la riforma prevede molte novità:
– la realizzazione di uno “sportello unico” presso il Ministero degli Esteri destinato a gestire tutte le pratiche di esportazione (le comunicazioni pre-contrattuali, i diversi tipi di autorizzazione, le comunicazioni sulle attività svolte e sui pagamenti, ecc.);
– la realizzazione di un secondo “sportello” presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Pcm) per il controllo delle imprese (registrazione, certificazione, ispezioni, sanzioni);
– l’istituzione, sempre presso la Pcm, di un “tavolo interministeriale” per assicurare il coordinamento fra le diverse amministrazioni coinvolte, per approvare, su proposta della Difesa, i programmi intergovernativi assoggettabili alle nuove licenze generali e globali, e per approvare, su proposta degli Esteri, i Paesi terzi ai quali estendere i nuovi tipi di licenza che si applicheranno a quelli dell’Unione Europea e della Nato (presumibilmente i paesi ritenuti più affidabili, come Australia, Giappone, Svizzera).
Ma la vera e propria “rivoluzione” della nostra normativa è legata a due cambiamenti:
– la diversificazione delle autorizzazioni in tre categorie – generale, globale, individuale – che consentirà di adeguarle alla diversa tipologia di operazioni e di destinazioni (è intuitivo che l’esportazione di un velivolo da combattimento a un paese terzo è diversa da quella ad un paese alleato o dall’esportazione di un’ala o dall’importazione di un’antenna radar, ma, purtroppo, fino ad ora l’unico strumento disponibile è stata l’autorizzazione individuale); in particolare, sono previste la semplificazione dei controlli sui trasferimenti all’interno dell’Unione e sui programmi intergovernativi, ma anche specifiche autorizzazioni per le delocalizzazioni, gli scambi estero su estero, il supporto logistico;
– la “certificazione” delle imprese che lo richiedono: si tratta di una specie di “bollino blu” che, dopo la verifica delle loro capacità di “autocontrollo”, le responsabilizzerà per quanto attiene alle forniture alle Forze Armate dei paesi europei e nella tenuta della documentazione, oltre a permettere loro di ricevere liberamente parti e componenti militari, inserite in apposite liste nazionali, dai fornitori europei; questo significa assoggettare queste imprese a controlli ex-post, limitando agli aspetti generali quelli ex-ante.
Vincolo europeo
Anche in questo caso l’Europa ha svolto il ruolo di “vincolo esterno” nei confronti di una riforma di cui si parla inutilmente da dieci anni. Fu infatti nel gennaio 2000 che l’allora governo D’Alema presentò al Parlamento il Disegno di Legge 4431 di riforma della Legge 185 (che dal 1990 regolamenta il controllo sulle esportazioni di equipaggiamenti militari). Si trattava di una proposta molto innovativa che anticipava il processo di integrazione del mercato europeo della difesa. Anche per questo, oltre che per la successiva crisi politica, il Parlamento la lasciò poi cadere. Ma rimane una chiara testimonianza della necessità di adeguare la normativa in vigore.
L’attuale governo si è fatto carico di questa esigenza, assicurando prima un’attiva partecipazione delle amministrazioni italiane alla definizione delle nuove regole in sede europea e ora l’avvio del loro recepimento.
Il nuovo sistema di controllo è basato sugli stessi principi della Legge 185 che, infatti, non vengono modificati, ma applicati in un nuovo sistema che punta a dare risposte certe in tempi certi. Al contrario oggi, le operazioni autorizzate sono poi penalizzate da lacci e laccioli che assorbono risorse umane e finanziarie sia sul fronte industriale sia su quello delle amministrazioni.
I radicali cambiamenti intervenuti sul mercato militare internazionale, in primo luogo il processo di integrazione del mercato europeo della difesa, possono essere gestiti con grande difficoltà attraverso una normativa rigida e costruita sullo scenario della Guerra Fredda.
L’attuale legge non distingue i programmi intergovernativi dalle esportazioni, le movimentazioni intra-comunitarie dalle esportazioni, i paesi amici ed alleati dagli altri (se non per un accorciamento dei tempi), le imprese dotate di strutture interne di controllo dalle altre, gli apparati dai sistemi. Nel nuovo sistema di controllo si potranno applicare gli stessi principi della normativa in vigore, ma all’interno di un sistema in grado di scegliere meglio e in tempi più brevi e, successivamente, di effettuare controlli più efficaci.
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Vedi anche:
R. Matarazzo: Ministero degli esteri, i nervi scoperti della riforma
V. Briani: Forze armate sotto pressione