Doppio binario con Mosca
I rapporti Nato-Russia rimangono una priorità sia per l’Alleanza atlantica che per la sicurezza europea, tanto al livello operativo che strategico. In una recente conferenza organizzata a Roma dall’Istituto Affari Internazionali (Iai) e dall’Aspen Institute, il Segretario generale Anders Fogh Rasmussen ha indicato tre dossier sui quali puntare per rilanciare la cooperazione tra l’alleanza e il grande vicino orientale: difesa antimissile, nuovo accordo sulle armi convenzionali e riduzione delle armi nucleari tattiche.
Doppio binario
Dopo la rottura dei rapporti durante il conflitto tra Russia e Georgia dell’estate del 2008, i rapporti tra la Nato e la Federazione Russa hanno ripreso parzialmente a funzionare grazie all’attuazione, da parte occidentale, di una sorta di politica del doppio binario. Da un lato, rimangono le ferme posizioni di condanna della condotta della Russia in Georgia, sia durante il conflitto del 2008 che in seguito, in particolare per la ripetuta violazione di alcuni dei punti dell’accordo di cessate il fuoco mediato da Sarkozy. Dall’altro, è in atto un’azione politico-diplomatica per riprendere il dialogo e la cooperazione su vari dossier, nella speranza di innescare un circolo virtuoso che porti a un’intesa anche sui temi di maggior contrasto.
Tale politica ovviamente non è nuova nelle relazioni internazionali, essendo spesso praticata dalle democrazie quando si trovano a confrontarsi con stati la cui condotta contrasta con i valori liberali, ma che hanno grande importanza in termini di sicurezza o economici. Un approccio del genere è peraltro in linea con la politica del “reset the button” perseguita dall’amministrazione Obama con Mosca, tesa a riprendere i negoziati in tutti i campi ove sia possibile e culminata lo scorso aprile nella firma del nuovo trattato di controllo degli armamenti strategici nucleari noto come “New Start”.
Tra gli elementi concreti della rinnovata cooperazione tra Nato e Russia va ricordato l’accordo che permette il transito, nel territorio russo, dei materiali non letali Nato diretti in Afghanistan, che costituisce un notevole aiuto alla logistica della missione Isaf. Inoltre, la forza Nato che conduce l’operazione di contrasto alla pirateria nel Golfo di Aden “Ocean Shield”, tiene regolari contatti, riunioni e scambi di informazioni con la flotta russa impegnata nella regione con gli stessi obiettivi.
A livello istituzionale, il foro di riferimento è il Consiglio Nato-Russia istituito nel 2002 con l’accordo di Pratica di Mare. I lavori del Consiglio sono ripresi nel 2009, e a dicembre dello scorso anno la prima riunione del Consiglio a livello di ministri degli esteri ha deciso di condurre una riflessione congiunta sulle sfide alla sicurezza comune, volta a elaborare un documento condiviso di analisi strategica. È stato anche approvato un piano di lavoro per il 2010 focalizzato su alcuni temi di interesse convergente tra Nato e Federazione russa, quali il contrasto al terrorismo, al narcotraffico e alla pirateria. A livello più generale, la Russia è stata coinvolta, così come altri partner della Nato, nella riflessione sul nuovo Concetto Strategico tramite specifiche consultazioni a livello diplomatico, politico e militare.
Tre passi per la partnership Nato-Russia
Nel discorso tenuto alla conferenza IAI-Aspen, il Segretario generale della Nato ha puntato su tre ambiti concreti nei quali è possibile sviluppare pragmaticamente i rapporti con la Russia. Il primo è la difesa missilistica dell’Europa, che secondo il Segretario generale la Nato dovrebbe sviluppare in cooperazione con la Russia per proteggere tutti i paesi europei, e non scaturire da accordi bilaterali tra gli Stati Uniti e singoli alleati, come attualmente previsto dal piano dell’amministrazione Obama. Il secondo è la rinegoziazione e attuazione del Trattato sulle forze convenzionali in Europa (Cfe) che è da anni congelato.
Infine, un accordo sulla difesa missilistica e su quella convenzionale creerebbe le condizioni, secondo Rasmussen, per ridimensionare l’importanza delle testate nucleari tattiche, consentendone una riduzione concordata. Alla base di questo approccio c’è la convinzione che, come si è espresso Rasmussen, la fiducia genera fiducia, e il successo genera successo: raggiungere un accordo concreto su un tema specifico, come il Cfe o la difesa missilistica, potrebbe aiutare a compiere passi avanti sui dossier collegati.
Se e quanto una tale strategia possa funzionare, è tutto da verificare. Infatti, le tre aree dove un accordo è considerato “fattibile” da Rasmussen hanno presentato finora grandi difficoltà. La scelta di Obama di abbandonare il dispiegamento di sistemi anti-missilistici in Polonia e Repubblica Ceca ha di certo contribuito a migliorare i rapporti con Mosca, ma la Russia si oppone anche al nuovo sistema antimissile flessibile e graduale pianificato dall’amministrazione Usa, nonché a un eventuale sistema di protezione costruito in ambito Nato a cui il Cremlino partecipi come partner.
Lo stallo sul Cfe dura da anni, a causa della mancata ratifica della nuova versione del trattato da parte occidentale e la sua sospensione da parte russa. La situazione in Georgia certo non aiuta a discutere limitazioni legalmente vincolanti a numero e manovre delle forze convenzionali dispiegate nell’area euro-atlantica. Quanto alle armi nucleari tattiche, lo stesso Rasmussen ha affermato chiaramente che, finché esisteranno le armi nucleari, la Nato manterrà un deterrente nucleare tattico, al minimo livello possibile, ma compatibile con la difesa del cittadini dei paesi membri. In altre parole, la riduzione o l’eliminazione delle atomiche tattiche non è all’ordine del giorno, ma è piuttosto vista come l’ultimo passo dopo che ne siano stati compiuti altri per garantire la difesa europea.
Riconoscere tali difficoltà non vuol dire che da parte occidentale non si debba insistere con lo sforzo negoziale su questi e altri dossier, anzi. La storia della Nato è stata caratterizzata, fin dal rapporto Harmel, negli anni sessanta, dall’impegno di coniugare deterrenza e distensione. Anche nel diverso contesto post-Guerra Fredda, la ricerca di un rapporto cooperativo con la Russia rimane una scelta obbligata per assicurare pace e stabilità, in Europa e non solo. In quest’ottica si inquadra la strategia del doppio binario enunciata da Rasmussen, che combina aperture negoziali a decise prese di posizione, come, ad esempio, l’ipotesi, ventilata dal Segretario generale, che i paesi Nato scelgano a un certo punto di non ritenersi più vincolati alla vecchia versione del Cfe – quella che hanno ratificato – se lo sforzo per rinnovare il trattato non avrà successo.
Un difficile tango
Il problema, è che per instaurare e mantenere rapporti di cooperazione strategica serve la volontà di entrambe le parti e, se si guarda alla controparte russa, i segnali non sono incoraggianti. Anche Mosca infatti sembra perseguire una politica del doppio binario, ma poco compatibile con quella Nato.
Da un lato, la Russia ha riconosciuto le entità separatiste di Abkhazia e Ossezia del Sud, e ha firmato con loro accordi di sicurezza bilaterali concretizzatisi anche in una massiccia presenza di forze militari russe sul territorio georgiano. Dall’altro, ha formulato in ambito Osce la proposta di una nuova architettura di sicurezza paneuropea, che, sulla base di una serie di principi da incorporare in un nuovo trattato, regoli le relazioni tra gli stati dell’area euro-atlantica, ma anche l’azione di organizzazioni come la Nato. Ma se sul primo versante Mosca attua una politica estremamente concreta, cercando di rafforzare la sua sfera di influenza nel “vicino estero” sul secondo versante conduce un’azione diplomatica ad un livello così astratto da rischiare lo scollamento rispetto alla realtà geopolitica del vecchio continente.
Il divario tra l’azione militare della Russia nel Caucaso e le sue prese di posizioni diplomatiche rende più difficile, ma non meno necessaria, una politica Nato del doppio binario che punti ad accordi legalmente vincolanti in grado di influire davvero sulla politica di difesa di tutte le controparti. Con l’obiettivo di promuovere un consolidamento della sicurezza dell’area euroatlantica.
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Vedi anche:
Discorso del Segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen: ”Success generates success: the next steps with Russia
R. Alcaro: La Nato alla ricerca di una nuova strategia
M. Davì: La Russia in cerca di una nuova architettura della sicurezza europea
A. Marrone: Usa – Russia: premere il tasto reset. E poi?
L. Marta: È la fiducia la prima vittima della crisi del trattato Cfe