IAI
Le tesi dell'ultimo annuario di Nomisma

Uno sguardo sul Kaos

15 Giu 2009 - Alessandro Politi - Alessandro Politi

Il prossimo vertice de L’Aquila, un GX a geometria variabile, sarà la prova del nove di come il vecchio multilateralismo, figlio di Yalta e di Potsdam, sia stato definitivamente pensionato a favore di nuovi assetti. La quinta edizione di Nomos & Khaos, 2009, tra dieci giorni disponibile per la prima volta in inglese, ha messo in rilievo ancora una volta le grandi tendenze globali.

Una nuova multilateralità
La prima grande tendenza è l’avvento della multilateralità. Questo significa che il quinquennio passato, dove abbiamo assistito al tentativo americano d’imporre un’egemonia unipolare con la forza (unipolarismo coercitivo) ed al suo fallimento nel creare un ordine mondiale vecchio stile, si è ormai chiuso.

I giornali che parlano di ordine mondiale o di una “Chimerica”, ragionano di un mondo forse desiderabile perché apparentemente più chiaro e gestibile, ma che non sta andando in quel verso: gli equilibri fluidi che si sono stabiliti tra attori globali e regionali (non importa se statali, privati, religiosi o criminali) sono più forti dei vecchi schemi perché sono più convenienti, opportunistici e flessibili.

Questo non implica che ci stiamo avviando verso un caos più o meno controllato, ma verso un sistema di riferimento internazionale che funzionerà come oggi funziona il mercato dei cambi: diverse valute che si mettono in relazione tra di loro, diverse piazze finanziarie, poche logiche di funzionamento condivise o comunque compatibili.

Il simbolo è dato dalla proposta cinese di usare, al posto del dollaro, una nuova valuta virtuale di riferimento, cioè gli Sdr (Special Drawing Rights), basati su un paniere flessibile di monete. Le autorità economiche Usa non hanno gradito, i giapponesi hanno riaffermato nella migliore tradizione la loro fiducia incrollabile nel dollaro, ma brasiliani e russi hanno invece apertamente sostenuto l’idea, segno che a nessuno conviene cambiare signoraggio da una moneta all’altra e che ad un gruppo di paesi non secondari non interessa più mantenere quello del dollaro, cioè di un paese fortemente indebitato.

L’affanno della democrazia
La seconda tendenza interessa tanto uno scacchiere strategico come il Pacifico quanto l’insieme delle democrazie mature. Nel Pacifico stiamo assistendo ad una crescente difficoltà funzionale delle democrazie lungo le coste asiatiche: dalla Thailandia, divisa tra partiti rossi e gialli, alle Filippine, dove continuano i tentativi d’impeachment per corruzione della presidentessa in carica, al Giappone ed alla Corea del Sud, dove prevalgono elementi di forte nazionalismo autoritario. Gli unici stati che investono nella difesa attiva della democrazia, e solo in Oceania, sono Australia e Nuova Zelanda.

In molte delle democrazie mature sta invece crescendo una confusa domanda di guida e direzione politica piuttosto che di rappresentanza e coerenza istituzionale. Questo fa presagire che il futuro possa appartenere a governi con una polpa democratica, ma con un nucleo autoritario, visto come necessario per prendere decisioni in tempi difficili, durante i quali rissose democrazie vengono viste come inefficienti.

Le soluzioni sono due: quella più classica della democradura, cioè di una democrazia autoritaria e blindata da norme apparentemente intese a proteggerne la sicurezza, e quella più innovativa della democrablanda. Nonostante il nome spagnolo, è un prodotto innovativo della politica italiana e consiste in una democrazia in cui tutte le forme sono sostanzialmente salve, in cui la libertà del singolo è largamente tollerata, ma in cui la certezza del diritto è dilatata nel tempo (quando non è aggirata) ed i meccanismi d’equilibrio e controllo democratici (sia politici che legali) vengono significativamente annacquati, conferendo una supremazia di fatto al governo. Questa condizione comincia a riscontrarsi in più d’una democrazia europea.

A questo s’aggiunge la tendenza dello stato nazionale a diventare sempre più un’istituzione-guscio, manipolata da poteri trasversali e transnazionali ed indebolita continuamente dalla sua diminuita capacità fiscale.

Cambiamenti climatici
La terza tendenza è data dal cambiamento climatico e dai suoi effetti su larga scala. Secondo le previsioni annunziate da Al Gore, se i ghiacci continuassero a sciogliersi al ritmo attuale, le rotte navali dell’Artico sarebbero pienamente navigabili. A parte la conseguenza di liberare la marina russa mercantile e militare dalla morsa invernale dopo quattrocento anni, bisognerà prevedere un calo di almeno il 30% dei traffici del Cindoterraneo (i flussi di beni che da Cina, India, Golfo ed Africa passano da Suez per Gioia Tauro ed altri porti del Mediterraneo) verso i porti britannici, raggiungibili più rapidamente dai passaggi a Nord e Nord-Ovest dell’Artico.

Questo potrebbe significare un depauperamento di alcuni paesi mediterranei particolarmente legati ai commerci (Italia, Spagna, Grecia), ma anche una diminuzione delle risorse disponibili per oliare una pace tra israeliani e palestinesi.

W strats
L’ultima tendenza è quella che viene definita dal volume W-strats (Women Strategics). Essa viene considerata una componente ed un metodo dello smart power nel senso che valorizza ed impiega la componente femminile di una società come una risorsa strategica per uno stato.

Le qualità di questa risorsa strategica sono: maggiore visione di lungo periodo, maggiore capacità di pianificazione e programmazione, maggiore resistenza alla tensione prolungata, maggiore capacità di gestione strategica della negoziazione.

La cosa interessante è che esistono oggi studi empirici che dimostrano in modo ragionevolmente convincente che vi è una diretta correlazione tra sicurezza internazionale e condizione femminile. Secondo M. Caprioli ed M. Boyer sono gli stati che mostrano maggiore eguaglianza tra i sessi quelli che ricorrono meno alla violenza nel regolare dispute internazionali, anzi nell’arco di mezzo secolo (1954-1994) si è potuta mostrare una relazione significativa tra livelli di violenza in una crisi e percentuale di donne al potere.

Di converso, stati caratterizzati da violazioni dei diritti umani, e da discriminazioni di razza e di sesso sono più inclini ad essere aggressori ed a basarsi sulla forza in una disputa internazionale. Emerge dunque un criterio di base molto più misurabile della democraticità o meno di uno stato con conseguenze abbastanza controintuitive su come classificare i prossimi “stati canaglia”.