IAI
Intervista a Carlo Azeglio Ciampi

Ciampi: un nucleo d’avanguardia per portare l’Europa fuori dalla crisi

19 Mag 2009 - Raffaello Matarazzo - Raffaello Matarazzo

È arrivato il momento di dare sostanza a quell’avanguardia europea di cui tanto si è parlato in questi ultimi anni. Un gruppo di Stati determinati a non lasciarsi frenare dalle esitazioni di singoli paesi può lanciare nuove iniziative e colmare il fossato fra istituzioni e cittadini. Per affrontare la grave crisi economica di oggi – sottolinea in questa conversazione con AffarInternazionali il Presidente Carlo Azeglio Ciampi – è urgente eliminare l’asimmetria tra una politica monetaria comune, esercitata da una istituzione federale come la Banca centrale europea, e una politica economica che soffre sempre di più di scarso coordinamento.

Presidente, lei ha assistito a diversi momenti di crisi del processo di costruzione europea. Pensa che l’Unione possa superare le secche in cui è arenata oggi?
L’evoluzione verso posizioni unitarie è un processo in continua evoluzione, attraverso il quale gli Stati membri identificano l’esistenza di interessi comuni, ne verificano l’applicabilità, ne decidono l’esecuzione attraverso l’adozione di politiche e regole comuni. L’Unione europea è sempre progredita attraverso fasi alterne di accelerazione e di decelerazione. In questo momento, l’Unione europea sembra essersi fermata: non soltanto per le difficoltà incontrate dal processo di ratifica del Trattato di Lisbona; ma anche per la frammentazione del processo decisionale, per la mancanza di visione strategica, per l’incapacità di dare compiutezza al concetto di interesse europeo e di definire i compiti che è chiamata a svolgere. Eppure, in nessun’altra epoca storica gli Stati europei sono stati messi, come in questi anni, di fronte alla limitatezza, uti singuli, dei loro mezzi ed alla prospettiva della loro insufficienza: la pace, la sicurezza, il benessere, la solidarietà, la qualità della vita possono essere difesi solo in una prospettiva europea.

Cosa fare dunque affinché l’Unione europea ritrovi la propria rotta originaria?
Istituzioni efficaci sono una condizione necessaria ma non sufficiente. Occorrono stimoli, iniziative, politiche corrispondenti ai comuni interessi di tutti gli europei; occorre un grande scatto in avanti legato al benessere materiale e spirituale dei nostri cittadini. Il XXI secolo può essere veramente l’ora dell’Europa a condizione di reagire alla letargia, far valere l’utilità dell’Europa, radicare la convinzione che solo un’Europa forte tutela gli interessi dei cittadini europei, respingere gli istinti malvagi dei nazionalismi. Questo significa anche ridimensionare il ricorso al metodo intergovernativo che rallenta pericolosamente l’inclinazione e la predisposizione a soluzioni comuni.

Per rilanciare il progetto europeo non è forse necessario creare un gruppo di avanguardia?
Sì, è arrivato il momento di dare sostanza a quell’avanguardia europea di cui tanto si è parlato in questi ultimi anni. Un gruppo di Stati determinati a non lasciarsi frenare dalle esitazioni e dalle contraddizioni di singoli Paesi può, attraverso il meccanismo delle cooperazioni rafforzate, lanciare nuove iniziative, attuarle, colmare il fossato fra costituzioni e cittadini, consolidare l’autorevolezza dell’Europa nel mondo: fermo rimanendo che queste iniziative non sono chiuse, ma aperte a tutti gli Stati che desiderano farne parte. Il superamento degli interessi corporativi e degli egoismi che tanti danni hanno inferto all’Europa non è facile. L’Unione europea fatica ad arrendersi all’evidenza che sono necessarie nuove cessioni di sovranità, che occorre imboccare la strada di una rafforzata coesione.

È d’accordo con quanti sostengono che la crisi finanziaria possa anche costituire “un’opportunità” per l’Europa?
La crisi finanziaria ci ha fatto prendere atto dell’enorme vantaggio per l’Europa di disporre di una moneta unica e di una politica monetaria capaci di fronteggiare gli shocks, interni ed esterni. I 16 governi dell’area Euro si sono accordati, con logica sopranazionale, sulle politiche da mettere in atto per ricapitalizzare il sistema bancario, per garantire i finanziamenti a medio termine e per rimuovere i titoli tossici dai bilanci bancari, decisioni che sono diventate punto di riferimento per il G-20. La Bce è intervenuta tempestivamente ed incisivamente. Non è un caso che i paesi che non hanno ancora adottato la moneta unica abbiano riconsiderato i vantaggi dell’euro, emersi evidenti nella fase più acuta della crisi finanziaria. Alcuni hanno già chiesto di entrare. La moneta comune e la Bce non bastano però da sole a difendere il mercato interno e ad assicurare le condizioni necessarie per la crescita economica. Occorre che l’Europa si dia un governo dell’economia capace di promuovere la crescita del reddito, una sua più equa ripartizione e migliori opportunità di occupazione. Questo è un punto sul quale insisto da sempre: è urgente eliminare l’asimmetria, la “zoppia” come l’ho definita, tra una politica monetaria comune, esercitata da una istituzione federale e una politica economica che soffre di scarso coordinamento.

Quali atti concreti si possono compiere in questa direzione?
Le determinanti su cui la politica economica più direttamente può incidere vanno ravvisate, oltre che in una finanza pubblica equilibrata e in servizi pubblici funzionali, in infrastrutture materiali e istituzionali calibrate su una dimensione europea. Su questi punti cruciali è chiamata ad agire una politica economica europea che non si limiti al necessario rigore nei saldi di bilancio, ma pratichi anche un crescente coordinamento delle politiche economiche nazionali. Quello che manca oggi all’Europa non è la forza economica, ma la volontà politica per operare unitariamente. La crisi finanziaria ed economica può essere la molla per una rinnovata solidarietà europea, innanzi tutto fra i paesi della zona euro, per dimostrare che l’Europa concorre a governare gli sviluppi globali e non ne resta vittima. Quando creammo la moneta comune eravamo consapevoli di compiere un rilevante atto politico, non solo monetario. Se i Paesi dell’eurozona saranno capaci di assumere anche il compito di nucleo d’avanguardia in grado di dare nuovo impulso all’Europa, avremo dato alla comunità internazionale il segnale che l’Unione europea è in grado di affrontare i problemi con decisione e senso di responsabilità.

Lei, insieme ad altri eminenti europei, ha sottoscritto un appello promosso dallo IAI e da altri quattro centri studi europei per rafforzare la legittimità democratica dell’Unione. Come si può ridurre la distanza dei cittadini dall’Ue?
I cittadini europei, presi dalle loro preoccupazioni quotidiane, si mostrano indifferenti verso il futuro del progetto politico europeo. Danno per scontate le conquiste dell’integrazione e tendono a concentrarsi sugli aspetti negativi dei meccanismi comunitari: l’Ue viene vista come un organismo burocratico intento a produrre leggi e regolamenti; viene identificata con la globalizzazione che distrugge posti di lavoro ed annulla singole identità; viene, ingiustamente, giudicata parte del problema e non della soluzione.

Questo non dipende anche dalla tendenza delle istituzioni europee ad una certa burocratizzazione?
Certamente si, ma solo in parte. Gli europei vanno aiutati a giudicare l’Europa non solo attraverso il prisma dell’attività minuta della Commissione, ma anche attraverso la consapevolezza dei benefici incommensurabili apportati dall’Unione europea nella nostra vita e della sua indispensabilità per il nostro futuro. Un rischio incombente è rappresentato dalla banalizzazione del grande progetto storico-politico rappresentato dall’Unione europea. Dobbiamo riuscire nell’intento di calare questa realtà nella coscienza delle donne e degli uomini europei. È un compito non facile ma indispensabile per radicare nei cittadini la consapevolezza che l’Europa, come unità culturale e di valori, costituisce il riferimento costante verso cui orientare ogni singola decisione.

Che ruolo può svolgere il Parlamento europeo per favorire questo processo?
Il Pe, custode dei valori della democrazia e catalizzatore dell’attenzione sulle sfide del nostro tempo, può, deve, svolgere un ruolo di prima linea nello stimolare le dinamiche dell’integrazione europea, nel favorire il consolidamento di nuove forme di legami e di solidarietà nella società civile da cui dipende, in ultima analisi, il successo del progetto politico europeo. Nel quadro dei grandi temi che animano i suoi dibattiti – dalla bioetica all’immigrazione, dall’industria all’agricoltura all’ambiente, all’attenzione riservata ai rapporti dell’Unione europea con il sistema delle Nazioni Unite – il Parlamento europeo ha il compito di dare sostanza e profondità agli interessi europei; nel farlo deve dimostrarsi consapevole delle urgenti attese dei cittadini.

La campagna elettorale in corso è un’occasione in tal senso?
La campagna elettorale per il voto del 6 e 7 giugno offre l’opportunità di un rinnovato e robusto dibattito politico sul futuro dell’Ue: solo così si può sventare il rischio che essa venga utilizzata come piattaforma per una competizione nazionale. È necessario spiegare in maniera chiara ai cittadini l’utilità dell’Unione, stimolare l’Europa dei progetti, perseguire la sussidiarietà, orientare l’opinione pubblica sulla salvaguardia del modello sociale europeo, sull’obiettivo di fare dell’Europa un protagonista autorevole ed efficace del XXI secolo. È importante puntare soprattutto al rafforzamento di un sentimento di comune appartenenza fra tutti i cittadini europei, radicato in una comune eredità storica e culturale. È grazie a questo sentimento che ognuno di noi potrà spiegare che si può vivere in Europa solo nella consapevolezza che il futuro di tutti gli europei è legato al successo dell’Unione europea: solo nell’ambito di interessi europei condivisi si possono costruire politiche innovative e progetti concreti.

In Italia, purtroppo, il dibattito in vista delle elezioni del Parlamento di Strasburgo è solo superficialmente orientato sulle priorità europee. Quali dovrebbero essere, a suo avviso, le priorità strategiche dell’Ue nei prossimi anni?
L’evoluzione delle varie componenti della società europea sarà sempre più dominata da problemi da risolvere insieme. Solo un’Unione europea capace di un’azione incisiva può fornire risposte adeguate. Per individuarle occorrono passione civile, idealità, capacità di guardare lontano. Occorre poter operare disponendo di un efficiente ordinamento delle istituzioni. È prioritario per questo che il Trattato di Lisbona entri in vigore, perché esso contiene disposizioni essenziali al funzionamento e alla governabilità delle istituzioni; è la base per perseguire un autentico progetto europeo, così come è stato costruito negli ultimi 50 anni. Insieme con il perseguimento dell’obiettivo di riforma istituzionale, rimane necessario operare per il rafforzamento della coesione europea intorno a politiche efficaci e visibili: il mercato interno; una politica energetica comune; lo spazio di libertà e di giustizia; la politica estera e di sicurezza.

Come perseguire queste politiche?
La perdurante asimmetria nelle condizioni di liberalizzazione dei mercati, a cominciare da quelli energetici, dei singoli Stati membri costituisce fonte di preoccupazione: la prosecuzione del processo avviato vent’anni fa con l’atto Unico Europeo deve dunque continuare con la rimozione delle barriere normative tuttora esistenti ed agevolando il processo di fusioni transfrontaliere. La definizione di una politica energetica europea costituisce un’urgente priorità. Ancora oggi, le imprese energetiche europee puntano a definire le proprie strategie di approvvigionamento in ordine sparso, cercando di strappare ai propri fornitori russi o mediterranei concessioni che si rivelano poi nella realtà di gran lunga inferiori a quelle che l’Europa potrebbe conseguire se operasse in sintonia. Sotto il profilo della sicurezza interna, siamo chiamati ad affrontare in unità d’intenti il contrasto al terrorismo e alla criminalità transnazionale, l’integrazione delle comunità residenti, il controllo dei flussi d’immigrazione illegale. Il rafforzamento della politica estera e di sicurezza è indispensabile, affinché l’Europa acquisisca una visione strategica ed unitaria; indirizzata verso obiettivi rappresentativi dei comuni interessi europei.

Il nuovo Presidente americano, Barack Obama, sembra voler aprire una nuova stagione di cooperazione transatlantica. Ne potrà beneficiare il ruolo internazionale dell’Ue?
I segnali che provengono dalla nuova Amministrazione americana danno fiducia sulla possibilità di restituire centralità al rapporto transatlantico attraverso una rinnovata collaborazione con l’Europa. Nell’attuale difficile contesto continentale e mondiale, l’Unione europea si pone come esempio di riconciliazione e di superamento degli egoismi, un tutt’uno con democrazia e diritto; è chiamata a dare un suo contributo di stabilità e di serenità attraverso politiche che consentano di compiere passi avanti nella risoluzione delle crisi, nello scioglimento dei nodi di un’economia globalizzata.

Maggiore reciprocità tra gli alleati, dunque?
Il rilancio della collaborazione tra i due pilastri – europeo ed americano – del polo di stabilità e di progresso rappresentato dall’Occidente emerge come un compito storico. Esso presuppone un più incisivo impegno unitario europeo cui deve corrispondere, da parte degli Stati Uniti, una maggiore comprensione della complessità del processo d’integrazione europea. Impegno e comprensione sono due facce della stessa medaglia: fanno emergere più chiaramente le responsabilità che siamo chiamati ad esercitare insieme; conferiscono al partenariato transatlantico, sulla base di una rinnovata disponibilità all’ascolto reciproco, un effettivo valore aggiunto. Una rafforzata coesione nell’ambito dell’Unione europea deve essere indirizzata ad un duplice obiettivo: far avanzare il progetto politico europeo; trasmettere alla nuova Amministrazione americana un messaggio di ottimismo sulla capacità dell’Unione europea di operare in stretta sintonia con gli Stati Uniti.

Obama ha proposto una progressiva riduzione degli arsenali nucleari fino ad una loro totale eliminazione. È un’idea che ritiene attuabile?
L’esperienza dell’integrazione europea dimostra che anche gli obiettivi più ambiziosi possono diventare realtà. A condizione che la necessità del loro perseguimento si traduca in un impegno concreto. L’Unione europea, una delle manifestazioni più alte del multilateralismo e del diritto internazionale, è sollecitata a parlare con una sola voce per contribuire all’avanzamento di un ordine mondiale portatore di stabilità, di sicurezza, di benessere.

Si veda anche:

Appello: diamo voce ai cittadini europei

Greco: L’anello mancante della democrazia europea

Bonvicini, Tosato, Matarazzo: I partiti politici europei e la candidatura del Presidente della Commissione