IAI
I 60 anni della Nato

Un’alleanza in continua evoluzione

2 Apr 2009 - Giampaolo Di Paola - Giampaolo Di Paola

Per l’Alleanza Atlantica il 60° anniversario rappresenta un’importante pietra miliare. Quando ci si avvicina ad un momento importante della vita, è spesso il momento giusto per fermarsi un attimo, riflettere su cosa si è realizzato, considerare dove si è e poi prendere le decisioni per il futuro. Nel corso di questi anni la Nato è stata in costante trasformazione. È questo l’elemento eccezionale della sua storia recente. La Nato si è trasformata perché lo scenario di sicurezza è mutato, perché sono emerse nuove sfide, perché si sono aggiunti nuovi membri, e perché l’approccio ai problemi locali è divenuto globale, ma anche “comprehensive” e preventivo. E la lista dei fattori che hanno spinto al cambiamento potrebbe proseguire a lungo.

Avendo suggerito che la trasformazione della Nato è eccezionale, non considererò gli aspetti dal punto di vista cronologico, ma guarderò ad essi in ordine inverso, partendo da oggi. Ciò che possiamo dire senza alcun dubbio, dopo un’analisi approfondita, è che la Nato oggi è concentrata sul “comprehensive approach” più di quanto non lo sia mai stata. Questo è il vero successo che dovrebbe essere ricordato in occasione di un anniversario così importante .

Nel far ciò, l’Alleanza si sta da un lato offrendo come uno strumento, un elemento chiave nella “comprehensive strategy” per la gestione delle crisi, e, dall’altro, si sta trasformando al suo interno allo scopo di affrontare meglio le sfide future.

Mentre la “comprenhesive strategy” include fattori come la diplomazia, gli strumenti economici e politici, oltre agli aspetti più propriamente militari e di sicurezza, il nostro compito, quello del Comitato Militare, è di contribuire al processo decisionale dell’alleanza portando all’attenzione della componente politica gli aspetti militari delle questioni sul tappeto. Non è un compito semplice, soprattutto alla luce di quanto detto prima: riuscire ad adattarsi continuamente alle sfide che si hanno davanti è tutt’altro che scontato.

Verso il nuovo Concetto Strategico
Per rafforzare il proprio dinamismo e contribuire alla riflessione politica, le autorità militari dell’Alleanza hanno sviluppato uno studio, o meglio un progetto, chiamato Multiple Future Project. Ad avviare questo progetto è stato il Gen. Mattis, Comandante supremo del Comando Alleato Trasformazione, che lo ha considerato la base su cui realizzare una migliore comprensione delle implicazioni strategiche dei cambiamenti che determineranno il futuro. Quest’approfondimento potrebbe aiutare le nostre riflessioni in vista dell’elaborazione di un nuovo Concetto Strategico.

In breve, il progetto delinea una serie di possibili scenari futuri a cui la Nato potrebbe dover far fronte. L’obiettivo non è di predire il futuro – non avrebbe molto senso – ma di proporre una molteplicità di scenari futuri che si spera includano quello che si materializzerà e in base al quale sarà necessario configurare le nostre capacità e la pianificazione militare.

Siamo tutti consapevoli delle sfide che abbiamo davanti: stati falliti, attori non statuali, proliferazione di armi di distruzione di massa, crescente divario tra chi ha e chi non ha, cambiamenti climatici e sicurezza energetica sono spesso considerati come i sei grandi temi prioritari. Il progetto è partito da queste grandi sfide, per giungere a valutazioni sulle implicazioni di sicurezza dei possibili scenari futuri.

In particolare siamo giunti a definire quattro principali implicazioni di sicurezza per il futuro:
– la natura mutevole dei rischi e delle minacce agli interessi vitali porrà nuove sfide al raggiungimento dell’unità strategica dell’Alleanza, al mantenimento della solidarietà e alla ricerca di una valutazione condivisa su quali siano gli interventi che ricadono sotto l’art.5 del Trattato Nato;
– in secondo luogo, un’accresciuta interazione con i paesi non membri della Nato e con altri attori internazionali darà all’Alleanza l’opportunità di estendere il suo ruolo nel rafforzamento della sicurezza e della stabilità al di fuori della sua tradizionale sfera di azione;
– in terzo luogo avversari risoluti, se scelgono di agire contro di noi, cercheranno di colpire i punti deboli dell’Alleanza in modo imprevisto, rafforzati da tecnologie prontamente disponibili, il che richiede all’Alleanza di riconsiderare il carattere delle operazioni militari e il modo di condurle;
– infine un’accresciuta interazione con altri attori internazionali fornirà alla Nato la possibilità di dare forma e influenzare idee, valori ed eventi in un mondo globalizzato.

Dal futuro al presente
Queste quattro implicazioni di sicurezza hanno fornito la base di un lavoro molto più dettagliato sulle implicazioni militari dei vari scenari. Questo per quanto riguarda il futuro. Oggi dobbiamo però pensare al presente e non si può che cominciare dall’Afghanistan.

Sentiamo ripetutamente parlare dell’Afghanistan come cartina di tornasole per la Nato e della necessità di riconsiderare dalle fondamenta ciò che si intende per “comprehensive approach”. Il Generale Petraus, l’Ambasciatore Holbrooke, l’ex Generale Jones e il Presidente Karzai, durante la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco del febbraio 2009 e, successivamente, nella Conferenza internazionale sull’Afghanistan tenutasi all’Aja il 31 marzo 2009, hanno tutti sottolineato l’importanza di tenere insieme la comunità internazionale in modo molto più coordinato e coerente .

La determinazione della Comunità internazionale ad affrontare con nuova energia il problema afgano deve ora concretizzarsi. È necessario un maggior lavoro sul sistema di governo e sulla formazione delle forze di sicurezza nazionali afghane, inclusa la polizia, compiti tutt’altro che semplici. È altresì essenziale ricercare la soluzione dell’Afghanistan nel quadro di un approccio regionale.

Un’altra questione rilevante è la relazione Nato-Russia. È necessario affrontarla con un approccio a vasto raggio, includendo sia la dimensione “hard” che quella “soft” della sicurezza e il rispetto del diritto in conformità all’Atto di Helsinki (1972). La finestra di opportunità che si è aperta non va sprecata. .

Un aspetto importante emerso dalla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, e confermato dalla Conferenza sull’Afghanistan dell’Aja, è stata la partecipazione dell’Iran: i messaggi inviati e ricevuti mostrano che si è aperta una porta per il dialogo politico. Non sarà certo un dialogo facile, ma dobbiamo cogliere l’occasione per affrontare questioni chiave come la proliferazione nucleare, il controllo delle armi nucleari, e l’approccio regionale all’Asia sud – occidentale.

In questo approccio globale sarà fondamentale che il rapporto Nato-Ue sia rinvigorito e che diventi un aspetto centrale del lavoro della Nato. In questo contesto, il fatto che la Francia possa riprendere il suo posto nelle strutture militari integrate, costituisce un passo significativo verso relazioni più forti e coerenti tra Nato e Ue.

Infine la Global Security Network deve essere pienamente condivisa e sostenuta da tutti gli attori internazionali. Viviamo in un mondo sempre più globalizzato dove i confini sono più simbolici che reali e dove le persone e la tecnologia si possono muovere a velocità straordinaria. Dobbiamo tutti assumerci la responsabilità per la nostra sicurezza collettiva. A seguito del Summit di Strasburgo-Kehl che ha celebrato il 60° anniversario della Nato, io mi sto dedicando in particolare, nel contesto del lavoro del Comitato Militare, su cui gravano anche le operazioni, al partenariato ed alla trasformazione delle capacità e delle strutture militari in linea con le direttive politiche.

Radici solide
Concluderò dunque la mia “analisi a rovescio” guardando al passato e a cosa abbiamo realizzato. La Nato, come ho ricordato, sta compiendo 60 anni. Il 2009, l’anno del Summit, è descritto come l’anno più importante per la Nato dalla firma della Carta nel 1949. Molto è stato fatto da quando l’Alleanza è stata creata dai primi sette firmatari della Carta. Il primo Segretario Generale della Nato, Lord Ismay, affermò con una celebre frase che l’obiettivo dell’organizzazione era “tenere i russi fuori, gli americani dentro e i tedeschi sotto”. Da allora abbiamo superato la Guerra Fredda e visto la caduta del muro di Berlino nel 1989. Alla fine degli anni ’90 l’Alleanza ha rivolto la sua attenzione alla crisi nei Balcani, che si è conclusa con la realizzazione di rapporti più forti tra noi e i paesi più ad Est. Questo processo è culminato nell’ingresso di molti Stati dell’ex Patto di Varsavia nell’Alleanza, nel 1999 e nel 2004.

Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 la Nato si è concentrata sulle nuove sfide che ho citato prima e ha dispiegato truppe in Afghanistan e istruttori in Iraq.Nel dicembre del 2002, con l’accordo Berlin Plus, è stato creato un quadro per la cooperazione tra la Nato e l’Ue, quadro che dovrebbe però essere rafforzato alla luce della notevole espansione dell’interdipendenza e della cooperazione tra le due organizzazioni. Se guardiamo ai successi della Nato, lo spirito dell’Alleanza risulta oggi più forte che mai. Gli scenari sono cambiati radicalmente. Basti pensare alla natura dell’Alleanza e ai suoi nuovi membri: realizzazioni impensabili 20 anni fa, sono già diventati storia. Sembra, ancora una volta, che “Quando il gioco si fa duro…”