Solo un outsider può rilanciare la Nato
In aprile, con un vertice a Strasburgo e Kehl, la Nato celebrerà il sessantesimo anniversario della propria fondazione. Al di là dei festeggiamenti, il vertice sarà l’occasione ideale per rilanciare il ruolo dell’Alleanza Atlantica con la scelta di un Segretario Generale dell’Europa centro-orientale, che faccia da ponte tra l’occidente e la Russia, riaffermi il ruolo dell’alleanza in Afghanistan e consolidi la relazione tra i membri europei e gli Stati Uniti. Radek Sikorski, ministro degli esteri polacco, è il candidato ideale: atlantista convinto, è un esperto di Afghanistan e di Russia. Sotto la sua guida la Nato ritroverebbe la propria coesione e quindi la spinta necessaria ad affermarsi nuovamente come fulcro della sicurezza transatlantica.
Il vertice Nato di Strasburgo-Kehl sarà sotto molti aspetti straordinario. L’Alleanza potrebbe pubblicare un nuovo Concetto Strategico, che rimpiazzerà quello varato nel lontano 1991. Gli Stati Uniti saranno rappresentati per la prima volta dal presidente Barack Obama. La Francia di Nicolas Sarkozy, dopo quarantatrè anni di assenza, rientrerà nel Comando militare integrato. E si cercherà appunto di raggiungere un accordo sul prossimo Segretario Generale.
Sfide e obiettivi
È un’occasione storica che potrebbe risollevare le sorti di un’alleanza in crisi. La Nato sta vivendo un momento di incertezza che si trascina dal 1989 e che secondo alcuni potrebbe addirittura portare alla “morte dell’Alleanza” . Con il crollo del Muro di Berlino la Nato, sopravvissuta al Patto di Varsavia, ha contemporaneamente vinto il proprio nemico e perso la propria ragion d’essere, precipitando in una crisi di identità che rimane irrisolta. Le dolorose, ma epifaniche esperienze degli anni Novanta hanno traghettato la Nato dalla Guerra Fredda agli attentati terroristici dell’undici settembre, alla guerra in Afghanistan, trasformandola da una comunità di difesa ad un insieme di alleati spesso in competizione.
Il nuovo Concetto Strategico dell’Alleanza potrebbe porre fine alle incertezze formali, ma solo una leadership forte ed intraprendente potrà ristabilire la centralità della Nato per le esigenze di sicurezza di tutti i suoi membri.
Il nuovo Segretario Generale dell’Alleanza sarà immediatamente posto di fronte a tre sfide importanti: stabilire limiti e possibilità della relazione tra la Nato e la Russia, soprattutto alla luce del recente conflitto in Georgia; riaffermare la centralità della Nato in Afghanistan ottenendo un coinvolgimento militare più consistente ed efficace da tutti i membri; promuovere un accordo sull’ ulteriore allargamento dell’Alleanza.
La rosa dei nomi
Con l’approssimarsi del vertice di Strasburgo-Kehl, la stampa europea ha iniziato a testare una lista più o meno verosimile di candidati: l’ex-ministro degli esteri bulgaro Salomon Passi (che il governo bulgaro ha già confermato come il proprio candidato ufficiale), il ministro della difesa danese Soren Gade e il vice primo ministro ceco Alexander Vondra. Qualcuno ha persino fatto il nome di Tony Blair. I candidati più probabili sono però quelli che fino ad ora hanno smentito qualsiasi interesse per la poltrona: il primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen e il ministro degli esteri polacco Radek Sikorski.
Fogh Rasmussen è primo ministro dal 2001. Sotto la sua guida la Danimarca si è dimostrata un membro affidabile della Nato, partecipando con convinzione alla guerra in Afghanistan e alle missioni dell’alleanza in Kosovo e Bosnia. Il contingente danese dispiegato in Afghanistan conta all’incirca 700 unità ed è il più consistente pro capite di tutta la Forza Internazionale di Assistenza e Sicurezza (Isaf, International Security and Assistance Force) presente nel Paese. In passato Rasmussen ha dimostrato di non aver timori reverenziali verso la Russia, criticando apertamente la linea del Cremlino in Cecenia e continuando a proporre una soluzione politica al conflitto. Il primo ministro danese è un politico a tutto tondo, capace, esperto e dinamico. E tuttavia viene solo secondo rispetto a Radek Sikorski.
Il ministro degli esteri polacco è un outsider – un dark horse nella corsa alla nomina di Segretario Generale. Rispetto a Rasmussen, Sikorski non è mai stato primo ministro, è molto più giovane (45 anni, 2 in meno di Barack Obama) e non ha mai ricoperto ruoli istituzionali al di fuori della Polonia. Ciononostante è il candidato più adatto alla guida dell’Alleanza atlantica. Sikorski è un esperto di storia politica e militare dell’Afghanistan, che conosce per esperienza diretta (tra il 1986 e il 1989 è stato come giornalista in Afghanistan documentando la guerra di resistenza contro l’occupazione sovietica). Ministro degli esteri dal 2007, è stato per due anni anche ministro della difesa. Ha dimostrato di saper tener testa alle pesanti pressioni russe contro l’installazione in Polonia di un sistema anti-missilistico e ha condannato con fermezza l’invasione russa della Georgia. Ciononostante, ha continuato a sollecitare la cooperazione del Cremlino con l’Occidente. Conosce di prima mano le dinamiche interne dell’Alleanza atlantica e le sue procedure di allargamento: nel 1992 ha partecipato da viceministro alla difesa alle trattative per l’accesso della Polonia. È un politico abile e pragmatico, internazionalmente stimato e con una visione strategica e di sicurezza autenticamente atlantista.
La tradizione vuole che la carica di Segretario Generale della Nato sia ricoperta da un europeo, quella di Comandante Supremo militare da un americano. Ciononostante, la nomina a Segretario Generale passa ovviamente sempre per l’approvazione di Washington. Sikorski, un conservatore, non è ideologicamente in linea con Obama, ma gode della stima e del rispetto di Zbigniew Brzezinski, che ha affiancato il neo-presidente in qualità di consigliere per la politica estera durante tutto l’ultimo anno di campagna elettorale. Obama ha già dimostrato di sapersi muovere al di sopra delle divisioni ideologiche: il caso di Robert Gates, confermato come ministro della Difesa nonostante fosse stato nominato da Bush, non lascia dubbi in proposito.
Durante la campagna elettorale il presidente americano ha più volte sottolineato la necessità che i membri europei riducano il divario militare con gli Stati Uniti ed investano di più, politicamente e militarmente, nella Nato, soprattutto aumentando il loro impegno in Afghanistan. Una prospettiva perfettamente in sintonia con quella di Sikorski. In un discorso pronunciato al Chicago Council on Global Affairs lo scorso settembre, Sikorski ha evidenziato come la vittoria contro i talebani e la stabilizzazione dell’Afghanistan debbano diventare priorità della Nato, ma anche come l’Alleanza debba riscoprire la propria identità di organizzazione militare in grado, grazie alle sue capacità, di garantire la sicurezza dei propri membri.
I giochi sono lontani dall’essere conclusi. Obama probabilmente non inizierà a valutare i possibili candidati prima del prossimo mese. Il mandato di Jaap de Hoop Scheffer scadrà solo a luglio e la situazione politica internazionale rimane molto fluida, come dimostrato dalla recente crisi energetica tra Russia e Ucraina.
Eppure non è troppo presto per iniziare a pensare a chi affidare la guida dell’Alleanza Atlantica. Le cancellerie europee dovrebbero resistere alla tentazione di scegliere un candidato di compromesso e puntare su di una figura forte. La nomina di Sikorski sarebbe ideale perché avrebbe un vantaggio aggiuntivo: quello di incorporare emblematicamente nel tessuto storico dell’Alleanza anche le sue componenti più recenti, rafforzandone internamente la struttura e preparandola ad affrontare le sfide strategiche del Ventunesimo secolo. Nell’interesse di tutti i suoi membri.