IAI
Turchia ed Unione Europea

Una nuova strategia di comunicazione per la Turchia

2 Dic 2008 - Donatella Cugliandro - Donatella Cugliandro

Nonostante più di un secolo sia ormai passato da quando i termini “questione d’Oriente” e “malato d’Oriente” furono utilizzati per la prima volta, l’Europa ancora oggi si rivolge spesso alla sua appendice sud-orientale, la Turchia, con i medesimi toni paternalistici, quasi si trattasse di un paese gravato da problemi atavici e insanabili.

Il peso dei pregiudizi
Pesantemente condizionata da pregiudizi ed erronee percezioni, la comunicazione politica non ha finora favorito i rapporti tra Turchia e Ue. È la problematica di cui si occupa il progetto Talking Turkey volto ad analizzare il dibattito politico in vari paesi europei sui rapporti con la Turchia e a elaborare proposte per lo sviluppo di una più efficace strategia di comunicazione.

La risoluzione delle frizioni tra Turchia e Unione Europea può e deve passare innanzitutto per una strategia che consenta di liberare il dibattito su Ankara da una serie di pregiudizi che ne inficiano l’obiettività e la trasparenza. Non si tratta di sostenere a tutti i costi l’entrata della Turchia nell’Unione, ma di garantire un dialogo equilibrato ed imparziale sui costi e benefici che ne deriverebbero.

In ambito europeo sono stati fatti vari tentativi per migliorare la strategia di comunicazione sul processo di adesione della Turchia, come su altre questioni su cui si appunta l’attenzione dell’opinione pubblica, ma i risultati sono tutt’altro che esaltanti. A partire dal 2002 la Commissione Europea ha pubblicato vari documenti sul tema della Communication Strategy, concentrandosi sulla necessità di migliorare la percezione pubblica dell’Unione e di “raffinare” l’immagine di Bruxelles agli occhi dei 493 milioni di cittadini dell’Ue. Un simile approccio rischia tuttavia di oscurare un punto importante: la comunicazione non può e non deve limitarsi all’immagine. Ciò che davvero conta è il messaggio da trasmettere. La Commissione sembra invece concentrarsi più sull’aspetto superficiale della questione, come se, in un quadro, la cornice fosse più importante di quel che vi viene raffigurato. È necessario invece concentrarsi di più sulla sostanza della comunicazione.

Per una comunicazione a doppio senso
Nel caso delle relazioni tra Turchia ed Unione Europea, è essenziale che la comunicazione sia “a doppio senso”, venga cioè attivata da entrambe le parti, non solo tra Ankara e Bruxelles, ma anche tra gli stati membri e le istituzioni europee, così da permettere la presenza di più voci all’interno del dibattito, ma soprattutto un reciproco ascolto. L’obiettivo primario deve essere la comunicazione per sé, non il raggiungimento di un consenso positivo attorno alla “questione turca”. Bruxelles dovrebbe quindi mettersi in ascolto delle varie istanze nazionali, attivando un meccanismo di costante rimodulazione del messaggio da trasmettere. Nel concreto, la Commissione deve essere in grado di esprimere la propria opinione e al contempo di recepire le altrui, tenendo conto non solo di quei paesi che fortemente sostengono l’adesione di Ankara – come l’Italia o la Gran Bretagna – ma anche di quelli che, come Francia ed Austria, sono invece propensi a frenarne, se non a bloccarne definitivamente la candidatura.

In secondo luogo, la comunicazione deve essere differenziata nei vari stati membri, in modo che il messaggio da comunicare sia indirizzato nel giusto modo e al giusto destinatario. Un caso interessante è rappresentato dall’Italia, dove il sostegno all’entrata della Turchia nell’Ue raccoglie un consenso bipartisan ormai da anni, ad eccezione di alcune componenti situate agli estremi dello spettro politico, come la Lega Nord e la sinistra radicale. Mentre a sinistra le riserve riguardano per lo più il mancato rispetto da parte di Ankara di alcuni diritti della minoranza curda, a destra le motivazioni sono di carattere culturale e religioso, essenzialmente legate al contrasto tra l’identità cristiano-giudaica dell’Europa e quella musulmana della Turchia.

Per questi motivi, incentrare la strategia di comunicazione sui principi della tolleranza e del multiculturalismo non avrebbe alcun effetto sugli esponenti della Lega, per i quali conta soprattutto il tema dell’immigrazione e dello scontro tra identità. Servirebbe invece, in questo caso, la creazione di archivi costantemente aggiornati sul movimento di flussi migratori dalla Turchia verso l’Unione, nonché sul reale impatto che tali flussi possono avere sulla sicurezza. Un simile messaggio, fondato su dati concreti, potrebbe produrre un effetto senza dubbio più incisivo tra le fila leghiste. È dunque imperativo che si compia un costante sforzo di comprensione del punto di vista del destinatario. Inoltre, è fondamentale che i canali istituzionali nazionali, che hanno il compito di trasmettere una comunicazione efficace all’opinione pubblica e agli altri attori non-istituzionali, vengano a loro volta considerati da Bruxelles come soggetti da coinvolgere attivamente in questo processo, evitando che rimangano semplici depositari del messaggio recapitato.

Il difficile compito dell’Unione è di promuovere il dialogo tra le varie posizioni garantendo comunque coerenza all’intera strategia di comunicazione. È sulla base dei messaggi scambiati e recepiti nel confronto tra i diversi attori europei che la Commissione dovrebbe mettere a punto, attraverso successivi adattamenti, la propria linea. Una comunicazione così concepita risponderebbe all’obiettivo primario per cui è stata pensata: la promozione di in un costante e dinamico scambio di idee tra le istituzioni europee, gli attori nazionali – istituzionali e non – e l’opinione pubblica dei vari paesi.

Donatella Cugliandro è tirocinante presso lo IAI nel progetto “Talking Turkey”. Ha conseguito un master in Relazioni Internazionali presso l’Università di Bologna

Sul tema vedi:
Tocci, N. (ed.) “Talking Turkey in Europe: Implications for a Differentiated Communication Strategy”, Quaderni IAI, n. 13 (dicembre 2008)