Obama e il rebus Iran
Il rapporto con l’Iran e la controversia sul suo programma nucleare saranno uno dei più importanti banchi di prova della strategia diplomatico-negoziale del nuovo Presidente americano. Lo saranno non solo per l’estrema complessità ed urgenza del tema, ma anche e soprattutto perché dalla ridefinizione dei rapporti con Teheran dipenderà, in buona parte, il più ampio disegno di stabilizzazione del Medio Oriente che l’amministrazione Obama porra’ in cima alla sua agenda.
Impegno diretto nel negoziato Durante la campagna elettorale Obama ha criticato l’amministrazione Bush per aver rifiutato un impegno diretto nei negoziati (fortemente richiesto dagli europei, da tempo invece coinvolti in una faticosa trattativa) e per aver posto come precondizione al dialogo l’interruzione da parte di Teheran del programma di arricchimento dell’uranio. Secondo Obama, invece, l’interruzione del programma di arricchimento dovrebbe essere l’obiettivo stesso del negoziato. Dando il senso di una netta inversione di marcia rispetto a Bush, il nuovo presidente americano ha chiaramente prospettato la possibilità che gli Stati Uniti rompano il tabù dell’incomunicabilità e intavolino trattative dirette con gli iraniani sul dossier nucleare. Suscitando scalpore e molte reazioni negative, Obama si è anche dichiarato disponibile ad incontrare personalmente il presidente iraniano Ahmadinejad (al pari dei leader di altri stati ostili agli Stati Uniti). Incalzato dalle critiche, il nuovo presidente americano ha poi precisato che nel caso dell’Iran i primi incontri non avverrebbero a livello presidenziale e che, comunque, dovrebbero essere preceduti da una “meticolosa preparazione”. L’accordo quadro previsto dai democratici prevede benefici per l’Iran che vanno dal riconoscimento diplomatico alla fine del regime delle sanzioni – insieme ad altri incentivi – in cambio dell’interruzione dell’arricchimento dell’uranio e la piena collaborazione con gli ispettori della Aiea. Aspetto non secondario, infatti, è che negli obiettivi finali del negoziato Obama non si differenzia dalla “tolleranza zero” di Bush: anche per lui l’Iran dovrà definitivamente rinunciare all’arricchimento dell’uranio. Al pari di Bush, Obama ha anche ripetutamente dichiarato che l’opzione militare rimarrà comunque sul tavolo. Nelle ultime settimane della campagna elettorale ha voluto anche precisare che gli Usa “non lasceranno alle Nazioni Unite il potere di veto sulla decisione di distruggere impianti nucleari”. Approccio regionale e interessi strategici Non è un segreto che le ambizioni nucleari dell’Iran siano alimentate anche dalla volontà di diventare la potenza egemone della regione: è un obiettivo che gli iraniani perseguono per ragioni politiche, storiche e culturali. Queste ambizioni preoccupano non poco i paesi limitrofi, in maggioranza arabi e sunniti. Se alcuni aspetti di questo disegno egemonico sono in conflitto con gli interessi americani ed israeliani, come il sostegno a Hezbollah nel Sud del Libano e ad Hamas nei territori occupati, altri potrebbero essere più convergenti: il regime iraniano non vede con favore un possibile ritorno al potere dei talebani in Afghanistan (giova ricordare il sostegno che, dopo l’11 settembre, l’Iran indirettamente diede all’abbattimento del regime dei talebani) e non è certo interessato al mantenimento di una vasta area di instabilità all’interno e oltre i confini dell’Iraq. Questi elementi di convergenza strategica potranno essere promossi con maggiore efficacia se si accantonasse definitivamente la retorica sulla “promozione della democrazia” in nome di un approccio più realistico, come chiesto da larga parte dell’establishment diplomatico americano. È infatti diffusa la percezione che la politica americana nella regione dovrebbe basarsi su un’assai più modesta definizione degli interessi americani, che chiaramente differenzi gli obiettivi che sono desiderabili e possono essere perseguiti nel lungo termine, dagli interessi che debbono essere tutelati nell’immediato. Nel segno di Israele Di fronte ad una minaccia come quella iraniana Israele potrebbe dunque essere indotta ad agire da sola. Per questo tra i collaboratori di Obama (anche se molto dipenderà da chi sarà chiamato nell’amministrazione) si è affermata negli ultimi mesi l’idea di rilanciare oltre alla partnership con Israele, anche un vero e proprio coordinamento strategico per le iniziative nella regione. Nel corso degli ultimi anni, gli europei hanno svolto un ruolo importante e si deve a loro se è rimasto sempre aperto un canale di dialogo con Teheran. Gli europei hanno anche il merito di aver evitato che la coalizione internazionale che ha sostenuto le sanzioni all’interno dell’Onu si sfaldasse. La nuova amministrazione americana sarà molto probabilmente più propensa della precedente ad ascoltare le richieste di maggiore flessibilità più volte avanzate dall’Unione europea. Anche grazie alla coerenza della linea tenuta fino ad oggi, l’Ue potrà svolgere un ruolo centrale nel futuro del negoziato. Sul dossier iraniano, che rimane una delle più rilevanti sfide internazionali, Europa e Stati Uniti potrebbero ritrovarsi, da domani, forse più vicini di quanto non siano stati fino a ieri. Sul tema si veda anche: |