Sarkozy: la “rupture” è rinviata
Nicolas Sarkozy sta attraversando un momento delicato da un punto di vista interno, con un forte calo di consensi dovuto alla difficile situazione economica e all’apprezzamento negativo del suo stile di presidente della Repubblica francese. L’annunciato riformismo stenta a decollare, in un contesto di forte pressione economica esogena, e il progetto di cambio di rotta, la “rupture”, che aveva attratto consensi l’anno scorso, non si traduce ancora nelle politiche interne. Anche all’esterno, Sarkozy aveva proposto una visione che doveva rompere con il passato, soprattutto con il periodo chiraquiano, spesso criticato per il suo immobilismo. Ben diverse erano le intenzioni che si potevano leggere nelle dichiarazioni del candidato Sarkozy: riavvicinamento con gli Stati Uniti, per seppellire gli attriti sorti in merito all’intervento in Iraq nel 2003; politica estera attiva sul tema della difesa dei Diritti dell’Uomo; fine della classica politica francese in Africa; Unione del Mediterraneo; e ritorno della Francia in Europa.
Grande attivismo
Bisogna riconoscere che nei primi mesi della sua presidenza Sarkozy ha dato segni di grande attivismo. In campo internazionale, la liberazione del medico e delle infermiere bulgari, condannati all’ergastolo con l’accusa di aver infettato con il virus dell’Aids oltre 400 bambini libici, mandando la ex moglie Cecilia a trattare con Gheddafi, illustrava questo volontarismo. Anche alcune dichiarazioni del neo presidente mostravano un impegno nel campo dell’energia e per la difesa dei Diritti dell’Uomo. Inoltre, le vacanze della coppia presidenziale a Wolfesboro nel New Hampshire, nonché il discorso di amicizia storica pronunciato da Sarkozy di fronte al Congresso americano confortavano quelli che volevano vedere un nuovo corso delle relazioni fra Francia e Stati Uniti.
La relazione con gli Usa non ha però subito notevoli modifiche nel primo anno della presidenza. Un importante lavoro di ricucitura fra i due paesi c’e stato negli ultimi anni, opera della presidenza Chirac di fine mandato e ben illustrato nell’azione di due diplomatici come Jean-Daniel Levitte e Jean-Marc de La Sablière, già ambasciatori a Washington e alle Nazione Unite, oggi rispettivamente consigliere diplomatico della Presidenza della repubblica e ambasciatore a Roma. Le dichiarazioni di Sarkozy che vuole riportare la Francia nelle strutture operative della Nato non hanno ancora prodotti effetti concreti ed è probabile che la Francia non si affretti a fare delle mosse con gli Usa sotto campagna elettorale, in attesa della prossima Amministrazione.
Il candidato Sarkozy si è spesso descritto come il campione dei Diritti dell’Uomo, un modo implicito di differenziarsi con la precedente amministrazione francese sospetta di immobilismo. Se esaminiamo alcuni dossier internazionali delicati, la posizione della Francia sembra pero tutt’altro che idealista: i rapporti con la Russia non hanno subito il correttivo morale che ci si aspettava da un figlio di un emigrato ungherese; la visita di Sarkozy in Cina è stata tutta dedicata alla promozione dei prodotti francesi e ha evitato accuratamente i soggetti delicati; e la Francia ha ricevuto con fasto e onori il colonnello Ghedafi a Parigi, firmando anche un accordo di difesa con la Libia.
In campagna elettorale, Sarkozy aveva proclamato la fine della “francafrique” la politica neo coloniale francese verso il continente africano, fatta da relazioni interpersonali e reti politico-militare-industriali sinonimo di azioni coperte. Ma il sostegno della Francia al regime di Idriss Deby nel Ciad illustra la continuità della politica francese.
La sera stessa della sua elezione, salendo sul palco della piazza della Concorde a Parigi, Sarkozy aveva lanciato un appello a favore dell’Unione del Mediterraneo, un progetto che mirava ad avviare un nuovo processo di integrazione al sud dell’Europa. Oggi, questo progetto è stato ribattezzato “Unione per il Mediterraneo” e dietro questa evoluzione linguistica si nasconde un importante cambiamento politico.
La dimensione europea
Alla fine del 2007 e all’inizio del 2008 la Germania aveva espresso la sua opposizione a un progetto che percepiva come una spaccatura in due dell’Europa, fra paesi mediterranei e altri, rivendicando il suo interesse come quello di altri paesi del nord Europa a partecipare a un processo di integrazione a sud. La visione francese, largamente ispirata da un’interpretazione geopolitica nazionale centrata sul Mediterraneo, si scontrava con la posizione tedesca e rischiava di guastare le relazioni fra i due paesi, fondamentali per il buon andamento dell’Unione.
La trasformazione del progetto in “Unione per il Mediterraneo” e il suo inserimento nella logica europea del processo di Barcellona riportano la Francia a una posizione di attivismo nazionale, certo, ma nel contesto dell’Unione Europea. Si tratta di un passo molto significativo che dimostra quanto sia controproducente se non impossibile immaginare una politica estera nazionale che non prenda in conto la dimensione europea.
Sarkozy aveva iniziato il suo mandato aiutando la presidenza tedesca a elaborare un mini-trattato europeo. Si può dunque considerare che la principale azione della politica estera della nuova presidenza francese sia avvenuta in campo europeo. Poi ci sono state una successione di iniziative di stampo più nazionale, che andavano dalla classica e pragmatica politica estera industriale francese al mantenimento di una serie di riflessi antichi.
Mentre la Francia prepara il suo semestre di presidenza dell’Unione, il rinnovato dialogo con la Germania potrebbe prefigurare un attivismo in un contesto dove sembrava assente. In questo senso l’azione del segretario di Stato agli affari europei Jean-Pierre Jouyet potrebbe prevalere sulle visioni neo-nazionaliste di Henri Guaino, il consigliere speciale del Presidente della Repubblica. Inoltre va ricordato che malgrado le sue posizione contrarie, Sarkozy ha dichiarato di non voler bloccare il negoziato con la Turchia, rinunciando al suo veto di fronte all’apertura di tre nuovi capitoli di negoziati.
Per la Francia l’Europa è necessaria per elaborare un’azione mondiale, ma costituisce anche un quadro costrittivo, frutto di negoziati passati, che sembra essere stato tralasciato dal candidato, diventato poi presidente e concentrato sulla ricerca del consenso nazionale. E dunque un’immagine paradossale che offre la neo-presidenza francese dopo quasi un anno di esercizio di potere: il nuovo corso che il candidato alla presidenza rivendicava per la politica estera viene progressivamente mandato in soffitta, mentre riemergono delle costanti della politica francese (il realismo in materia di politica estera commerciale, la proiezione nazionale in Africa) e si afferma una dimensione europea che rimaneva fino ad oggi in secondo piano.