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Francia e Medio Oriente

Il Libano rilancia Chirac

2 Ago 2006 - Jean-Pierre Darnis - Jean-Pierre Darnis

Alcune settimane fa tutti davano Jacques Chirac per spacciato. Il presidente francese sembrava condannato a finire il suo mandato nell’ombra di Nicolas Sarkozy, il candidato della maggioranza di governo per le prossime presidenziali. Questo ultimo, già sicuro della vittoria, si spingeva fino a lasciare il palco parigino a Chirac per il suo ultimo quattordici luglio, inventandosi incontri nei palazzi romani. Però alcuni osservatori parigini ripetevano che soltanto nel caso di crisi internazionale il vecchio Chirac avrebbe ritrovato una sua leadership.

Come sempre nella sua lunga carriera, la funesta fortuna non si è fatta aspettare. Nel contesto del conflitto libanese, Jacques Chirac interpretata al meglio il suo ruolo di responsabile della politica estera e di difesa francese. Con il diplomatico di carriera Dominique de Villepin a capo del governo, si sono rimessi in moto i meccanismi che portavano la Francia ad esprimere le proprie ragioni nel dibattito sull’intervento in Irak nel 2003. Inoltre, il ministro degli esteri Philippe Douste-Blazy è un fedelissimo del presidente che riprende fedelmente la linea della Presidenza della Repubblica.

L’esperienza del leader
Jacques Chirac era l’amico personale del defunto presidente libanese Rafik Hariri, un legame personale che ben illustra la particolare relazione franco-libanese, radicata nella storia. Ed è anche uno dei pochi leader politici occidentali con esperienze di comando militare e di lotta alla guerriglia, un bagaglio non da poco per valutare l’attuale conflitto. Di fatto Chirac esprime una linea politica nella quale l’insieme delle forze politiche francesi si ritrova. Sia per rispetto della funzione presidenziale in tempo di guerra, sia anche per l’esperienza di Chirac che dall’Eliseo detta una naturale sintesi della linea francese: sostegno al governo libanese eletto, proseguimento della road-map della risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e richiesta di un cessate-il-fuoco immediato.

L’insieme dei responsabili politici francesi non riesce ad esprimere altro che una totale solidarietà e un supporto alla posizione della Presidenza della Repubblica. A livello interno la sinistra si trova ancora una volta spiazzata da uno Chirac che esprime una loro ideale linea di politica estera. A destra il ministro degli interni Nicolas Sarkozy è completamente sparito: il dossier degli Esteri non fa parte delle sue prerogative e, seguendo il movimento di coesione nazionale, deve anche stare sugli attenti di fronte al Capo dello Stato nel suo ruolo internazionale.

Chirac esplicità anche una posizione di differenza nei confronti degli Stati Uniti, una distinzione che si è già rivelata pagante sul piano interno, ma che ha anche provocato dopo il 2003 una serie di rovinose incomprensioni e di divisioni, anche a livello europeo.

La Francia e gli Usa
Il Libano ha rappresentato il punto di convergenza fra la Francia e gli Stati Uniti che si sono impegnati entrambi per far votare la risoluzione 1559. Si tratta di un quadro comune importante che serviva anche a rinsaldare i rapporti dopo le divisioni sulla questione irachena. Oggi sorgono delle divergenze: la Francia si fa interprete della posizione delle autorità governative libanesi quando chiede un cessate-il-fuoco immediato, anche per tutelare le popolazioni e gli osservatori militari delle Nazioni Unite che si ritrovano presi fra due fuochi.

Da parte degli Stati Uniti l’agenda nei confronti di Israele è più lasca, con un’amministrazione Bush che ragiona in termini di agressione terroristica all’alleato israeliano. In un recente intervento su Le Monde, Chirac è andato ripetendo che quello che era importante era il quadro di azione comune con gli Stati Uniti anche se le posizioni divergono. Come nel 2003, il vertice francese è convinto del proprio “buon senso”, della validità di un approccio che possa mediare fra le posizioni belligeranti e riprendere una normalizzazione del Libano.

La presa di posizione critica della Francia nei confronti degli Stati Uniti è un riflesso naturale per un paese che si è sempre considerato come l’unica alternativa possibile al modello americano. Anche se queste posizioni sono popolari, non soltanto fra l’elettorato francese, ma anche per tutte le sinistre europee, non si tratta di un’espressione premeditata. Come nel 2003, la Francia va avanti con le sue ragioni.

Oggi non si deve pensare che le posizioni francesi e americane siano fondamentalmente mutate rispetto al periodo dell’intervento iracheno. Ma nel frattempo è cresciuta la consapevolezza da parte francese, ma anche da parte americana, che la contrapposizione all’interno del campo occidentale riduce i margini di azione di tutti. Auguriamoci che Chirac lo tenga a mente per terminare il proprio mandato in bellezza, non soltanto nello stile, ma anche nella sostanza.