Quale riforma per i servizi di Intelligence
Tempo di elezioni, tempo di programmi: l’Unione dedica al problema dell’intelligence sessantasei righe, la CdL nessuna. Comunque, l’argomento corrente per la riforma è la vetustà della legge istitutiva (1977), mentre la necessità concreta è di prevenire disastrosi attentati alla sicurezza nazionale in ogni forma, anche economica e d’influenza, o pericolose disinformazioni, per esempio sulle armi di distruzione di massa. Quando si parla di riforma non bastano certo le leggi, sono necessarie misure e comportamenti condivisi e seguiti dai decisori politici e dai funzionari.
La prima cosa da riformare urgentemente, è il reclutamento. L’intelligence non è fatta da impiegati qualunque, deve reclutare come una multinazionale con una selezione rigorosa e multilingue a tutti i livelli. L’attuale reclutamento ristretto all’amministrazione statale è illogico, antiquato e dannoso. Non ci devono essere limiti e vanno importate moderne tecniche di reclutamento, il tutto nell’attuale quadro normativo.
La seconda è dare un quadro legale certo al RIS (Reparto Informazioni e Sicurezza) della Difesa. È di fatto un servizio d’intelligence e va inquadrato de iure come gli altri, reclutamento incluso, il che è un valido argomento per una legge, tanto è vero che lo prevedeva il ddl Mattarella nel 2000.
Collaborazione a tutto campo
La terza priorità è un codice di condotta moderno, aderente alla realtà e rispettato, cioè quell’insieme di regole che, attenendosi alla legge, fanno la caratura morale di un servizio. Non bastano gli eroi, ci vogliono comportamenti definiti ed interiorizzati.
La quarta è una netta liberalizzazione della capacità di collaborare dentro e fuori un servizio d’intelligence. Oggi ci sono troppe barriere che servono solo ad interessi di cortile e che invece vanno deregolate, con poche e ben delimitate eccezioni. Non è possibile che terroristi e mafiosi collaborino live nel mondo e che i funzionari debbano passare la trafila delle autorizzazioni per collaborare con i servizi alleati.
Una precisa responsabilità politica
Quello che non va fatto è continuare discussioni perfettamente inutili sull’opportunità di creare uno solo o più servizi: la Spagna ne ha uno e sono tre feudi sotto un’unica etichetta. L’altra cosa che non va fatta è di assecondare l’esiziale tentazione di diluire la responsabilità politica. Senza responsabilità politiche dirette e riconoscibili non c’è intelligence, ci sono i documentifici o le veline. Quindi meglio concentrare tutto sul Presidente del Consiglio o suo delegato, come del resto è avvenuto in questi anni, abolendo la figura del ministro per gli affari correnti e sostituendola con un’efficace circolazione e preparazione dei documenti.
Allo stesso modo vanno abolite le funzioni di coordinamento e sostituite da uno staff agile e qualificato per la fusione delle informazioni a beneficio dei decisori. E quindi va fatta una legge che contempli anche: segreto di stato (previsto e mai regolato), garanzie funzionali, un migliore funzionamento dei controlli parlamentari, una revisione della distribuzione dei compiti fra servizi, una verifica dei confini tra intelligence ed attività info-operative di polizia, una migliore sinergia tra intelligence, forze di polizia ed altre amministrazioni.
Infine tocca ai decisori insistere nelle forme più adatte su un punto fondamentale: l’Open Source Intelligence (OSINT) è la prima ed in alcuni casi l’unica forma d’intelligence per soddisfare molte delle richieste di un politico. Dove non arriva l’OSINT, devono arrivare i mezzi dell’intelligence classica: funziona così nei Paesi Bassi da diversi anni e con grande soddisfazione di tutti. Funziona così anche qui, ma molto poco e senza la necessaria consapevolezza ad alto livello.